La baronessa prestata al cinema faceva impazzire di gelosia i registi. Ma non riuscì mai a togliersi dal cuore il primo amore.
Attrice dotata di una notevole sensibilità interpretativa e di una bellezza malinconica e sofisticata, per oltre sessant’anni Alida Valli ha dimostrato un talento e uno stile davvero rari, impersonando ruoli di grande spessore che hanno reso famosissimi il suo volto dolce e mesto, come la delicatezza e il garbo della sua recitazione. Alida Valli ha attraversato in oltre cinquant’anni tutte le stagioni del nostro cinema, sempre brava, sempre estranea ad atteggiamenti divistici. Instancabile e sempre animata da un sorriso dolce e garbato. La Valli non fu solo una diva per il pubblico cinematografico, ma amò il teatro forse più dello stesso cinema. Si può dire che la drammaturgia è stata la sua seconda grande passione. Interprete affascinante di commedie di James, Camus, Ibsen, D’Annunzio. Non ha mancato di recitare anche in inglese in un ‘Enrico IV’ di Pirandello dato in America con Burges Meredith. Insomma una vera professionista con una vita sentimentale piuttosto tormentata (divorziata dal marito, il musicista Oscar De Mejo con cui ha avuto un figlio) e a cui non sono mancati anche problemi economici.
Una vita piena trascorsa tra cinema, teatro e grandi passioni
Alida Maria Laura Altenburger, baronessa di Marckenstein e Frauenberg, nasce a Pola, in Istria, il 31 maggio 1921. Si dice che il fortunato pseudonimo Valli, da lei preso nel 1936 per il secondo film, venne scelto consultando a caso un elenco telefonico. La madre di Alida Valli, Silvia Obrekar, era nata a Pola da genitori l’uno proveniente da Lubiana e l’altra, Virginia della Martina, di antica famiglia di Pola. Il padre, il barone Gino Altenburger, era nato invece a Trento, da una Tomasi nativa di Rovereto. Dopo aver frequentato il Centro Sperimentale di Cinematografia esordisce ancora adolescente nel film “I due sergenti” (1936) di Enrico Guazzoni, con lo pseudonimo di Alida Valli. Il successo giunge nel 1939, con due commedie del genere dei “telefoni bianchi”, entrambe dirette da Max Neufeld, quali “Mille lire al mese” e “Assenza ingiustificata”. Famosa in seguito resterà la scena in cui, in “Stasera niente di nuovo” (1942) di Mario Mattoli, intona la celebre e malinconica canzone “Ma l’amore no”, grande successo dell’epoca. Alida Valli ribadisce il suo inconfondibile talento drammatico con il personaggio della sommessa Luisa nella trasposizione cinematografica del celebre romanzo di Fogazzaro, “Piccolo mondo antico” (1941) di Mario Soldati. Successivamente interpreta con struggente intensità la tragica eroina sovietica protagonista del dramma in due parti “Noi vivi – Addio, Kira” (1942) di Goffredo Alessandrini, accanto a Fosco Giachetti e Rossano Brazzi. Nel dopoguerra tenta la via del divismo internazionale, ma senza grande successo: nel 1947 viene diretta da Alfred Hitchcock nel thriller “Il caso Paradine” (The Paradine Case), e l’anno successivo da Carol Reed ne “Il terzo uomo” (The Third Man), con Joseph Cotten e Orson Welles. Nel 1954 ottiene vasti consensi grazie alla sua sofferta interpretazione della contessa Serpieri in “Senso”, di Luchino Visconti, elegante e cupo melodramma in costume che rappresenta un’occasione fondamentale per la sua carriera artistica. In questo ruolo ha infatti l’occasione di dimostrare appieno il suo grande stile e il suo straordinario potenziale drammatico. Dal 1956 affianca alla sua intensa attività cinematografica, che dopo qualche anno si fa decisamente sporadica, sempre più frequenti lavori teatrali, che le danno modo di raffinare le notevoli capacità espressive. Tra le sue interpretazioni teatrali più intense si ricordano quelle ne “La Venexiana” di Anonimo del Cinquecento (1981), “La fiaccola sotto il moggio” di Gabriele D’Annunzio (1983), e “Improvvisamente l’estate scorsa” di Tennessee Williams (1991). Le due ultime occasioni cinematografiche di livello le vengono offerte da Bernardo Bertolucci, con “La strategia del ragno” (1971) e “Novecento” (1976). Nel corso della sua lunga carriera riceve tanti premi ed onorificenze, fra le più importanti ricordiamo il ‘Leone d’oro alla carriera’, al festival cinematografico di Venezia; la ‘Laurea ad Honorem’ all’Università di Roma; l’onorificenza ‘Chevalier des Arts e des Lettres’ dal ministro della cultura francese, il premio ‘Vittorio de Sica 2001’ dal Presidente della Republica Italiana e nel 2003 il premio ‘Bacchelli’ per la carriera cinema e teatro. La sua vita e le sue opere hanno dato materia ai due volumi: “Il romanzo di Alida Valli” di Lorenzo Pellizzari e Claudio M. Valentinetti (1995) e “Alida Valli”, che presenta una dettagliata filmografia, di Ernesto G. Laura e Maurizio Porro (1996). Alida Valli muore nella sua casa romana il 22 aprile del 2006 dopo aver attraversato in oltre cinquant’anni, tutte le stagioni del nostro cinema. Estranea ad atteggiamenti divistici, non solo icona per il pubblico cinematografico ma votata al teatro forse più che allo stesso cinema.
La canzone di Alida Valli “Ma l’amore no”
Fu la canzone italiana di maggior successo e più trasmessa dall’EIAR nella primavera – estate del 1943. Tratta dal film “Stasera niente di nuovo” di Mario Mattoli, in cui si distingue la recitazione di Alida Valli, essa ci propone un esempio davvero suggestivo del timbro melodico-vocale dolce e raffinato dell’epoca. Accompagnò per radio lo sbarco degli alleati, la caduta del fascismo, la notte dell’8 settembre, l’armistizio, il governo Badoglio, la fuga del re, l’occupazione delle truppe tedesche, deportazioni, la liberazione. Le parole sono semplici e ricalcano nella propria semantica spontanea i temi convenzionali del repertorio leggero di allora. La frase “l’amore mio non può dissolversi con l’oro dei capelli”, emblema d’una maniera espressiva nonché di un’innocenza affatto irrecuperabili ai giorni nostri, pare offrire la cifra interpretativa del motivo, insieme naturalmente alle “insidie velenose”; stilemi essi tutti di una retorica aggraziata. La canzone è il leitmotiv del film Malèna (Italia/USA 2000) di Giuseppe Tornatore, con Monica Bellucci e Giuseppe Sulfero, dal romanzo “Ma l’amore no” di Luciano Vincenzoni, un grande successo negli Stati Uniti e in Germania.
Maria Rita Cappucci