Il Verdicchio, il cui nome deriva dal colore verdognolo della buccia dell’uva, è il portabandiera della vitivinicoltura delle colline marchigiane (bacchus amat colles dicevano i romani) che ha avuto, finalmente, alla fine degli anni cinquanta, l’onore di assurgere agli allori grazie all’azienda Fazi e Battaglia che indisse un concorso per la creazione di una bottiglia con lo scopo di rappresentare al meglio questo nobile vino. Il concorso fu vinto dall’Architetto Maiocchi che presentò quella bottiglia ad anfora, che ancora oggi è il simbolo del vino marchigiano e italiano in ogni parte del mondo, ispirata dagli antichi contenitori etruschi, con il tipico colore verde smeraldo ed il prezioso cartiglio attaccato al collo. Considerato autoctono della regione, il vitigno Verdicchio sicuramente deriva dalle uve della zona di Soave, come recenti studi genetici confermano, portato nelle Marche da contadini veneti che furono mandati per ripopolare la regione, dopo una lunghissima epidemia di peste, intorno all’alto medioevo. Ma di leggende ne sono state scritte tante per poter nobilitare questo vino, c’è qualcuno che assicura si conoscesse anche al tempo dell’Impero Romano e che addirittura i Visigoti prima di ogni battaglia ne bevessero a fiumi per avere la forza raddoppiata in combattimento. Comunque, a parte tutto, questo tipo di vitigno solo nelle Marche e precisamente nella zona dei Castelli di Jesi e nel territorio di Matelica dà il meglio di se in ogni modo di vinificazione dal fermo, allo spumante, al passito e addirittura con il passaggio in legno o maturazione sur lies. Lo spumante metodo classico sta avendo importanti riconoscimenti in tutto il mondo grazie anche al lungo studio sulle tecniche iniziato nella prima metà dell’800 da Ubaldo Rosi. C’è da dire, inoltre, che è uno dei pochi vini bianchi italiani che, se vinificato appositamente, riesce a mantenere e a migliorare le proprie caratteristiche organolettiche anche in un lunghissimo invecchiamento. Considerato da tutti il vino per eccellenza da abbinare al pesce è un prodotto che non disdegna abbinamenti con altri piatti sia di paste che di carni soprattutto bianche da cortile come pollame, oca, anatra e coniglio visto il suo ampio spettro di profumi, alcolicità, freschezza e importante struttura. Le due zone tipiche del Verdicchio producono vini con caratteristiche diverse per il diverso microclima e diversa conformazione del terreno. La zona classica dei Castelli di Jesi ha vini con prevalenza del carattere marino, sapidi , iodati, con profumi che ricordano la fragranza della frutta ma anche fiori d’acacia , biancospino e anice. La zona di Matelica produce vini dal carattere più continentale, con profumi più maturi , profondi e duraturi con una ben precisa e rilevante acidità.
Caro Daniele quali sono i piatti che preferibilmente si abbinano al Verdicchio dei Castelli di Jesi e a quello di Matelica?
Partendo dal presupposto che entrambi si abbinano ai prodotti ittici, quello di Jesi è più adatto ad una cucina di pesce sapida ma più delicata mentre quello di Matelica è adatto a pesci più grassi. Inoltre anche con i piatti tradizionali non di pesce si consiglia di adottare le stesse regole; con l’oca ,il coniglio in porchetta e dove c’è presenza di altri grassi aggiunti, è preferibile il Matelica. Con i Vincisgrassi, la tipica pasta al forno marchigiana, io preferisco il classico.