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Quando la dipendenza è social

Allarmanti sono i dati emersi dalla ricerca europea “The Net Children Go Mobile”, secondo cui 3 adolescenti su 4 soffrono il disagio di dover essere sempre connessi e la metà di loro è a rischio dipendenza. Sono sempre di più i genitori che acquistano per i propri figli uno smartphone personale. Dalla ricerca risulta inoltre che il 46% dei ragazzi tra i 9 e i 16 anni possiede uno smartphone, il 20% un tablet e il 23% dei ragazzi usa queste apparecchiature digitali per stare online ogni giorno. Nonostante di per sé il cellulare sia un’eccezionale risorsa rafforzando le relazioni sociali, assicurando ai genitori un contatto con i propri figli, tuttavia l’accesso a internet attraverso lo smartphone/tablet rappresenta comunque dei rischi: dal cyberbullismo ai pericoli sessuali. Bisognerebbe prestare particolarmente attenzione ai segnali di dipendenza come il bisogno di controllare sempre il telefono e il disagio quando non lo si può usare. Il 72% dei ragazzi ha affermato che da quando ha il cellulare sente il peso di dover essere sempre disponibile con la famiglia e gli amici; la metà ha dichiarato di avvertire la forte necessità di controllare di frequente il proprio smartphone; e il 38% di sentirsi molto o abbastanza infastidito quando non poteva usare il telefono. Tutti questi atteggiamenti sono sintomi di dipendenza dal digitale. Il rapporto con il cellulare è potenzialmente rischioso per tutti, perché spesso solo parzialmente controllabile, dal momento che si possono gestire soprattutto le chiamate effettuate e meno quelle ricevute. Esiste infatti la possibilità che, in un periodo particolarmente difficile della vita, il telefonino diventi un oggetto su cui canalizzare uno stato di disagio. Pertanto, è importante allenarsi ad un rapporto equilibrato con il cellulare, limitato nel tempo e sottoposto ad autocontrollo. Saranno stati forse questi dati ad aver allarmato il sindaco di Vigonza e Codiverno (provincia di Padova), Nunzio Tarchetto? Il primo cittadino infatti si è recato nelle scuole secondarie di primo grado a ritirare i 58 smartphone dei ragazzi che hanno accettato la sfida: 7 giorni senza cellulare, in palio una gita a Gardaland. Coloro che sono riusciti a resistere una settimana senza messaggiare, chattare, utilizzare i social network, navigare on line, hanno vinto una gita al parco dei divertimenti di “Gardaland” a settembre. Il sindaco commenta così la sua iniziativa: “Ho quattro figli già grandi, da padre ho già passato quella fase delicata dell’adolescenza. Mi sono accorto che in qualsiasi posto andiamo, dalla chiesa, al ristorante, alla scuola siamo tutti a guardare in maniera ossessiva il cellulare. Non siamo più capaci di comunicare con lo sguardo, incontrandoci”. Le regole per partecipare alla sfida sono state semplici e chiare: per partecipare era necessaria l’adesione dei genitori e dopo il ritiro del telefonino e della sim vi era il divieto di usare altri cellulari. Commenta Tarchetto: “Non credevo che i ragazzi si mettessero così tanto in gioco. Hanno aderito in 62: 58 hanno consegnato il cellulare e altri quattro che hanno comunicato di non possederlo. Abbiamo fatto tutto con la massima serietà com’è corretto per un’istituzione pubblica. Abbiamo “sequestrato” momentaneamente il cellulare; recuperato i dati della sim; verificato la proprietà del telefono; acquisito una dichiarazione dei genitori; sigillato e messo nella nostra camera di sicurezza tutti gli smartphone”. Non sono mancate le polemiche di qualche genitore che avrebbe preferito che l’amministrazione comunale avesse speso questi soldi in altri progetti e iniziative, polemiche a cui il sindaco risponde: “Cosa c’è di più educativo di 62 ragazzi che scelgono di stare per una settimana senza il loro cellulare? Certo c’è anche chi ha puntato il dito chiedendosi perché il primo cittadino ora si mette a fare anche l’educatore. Mi chiedo: cosa dev’essere il sindaco? Il responsabile della sanità, della sicurezza, dell’istruzione ma anche del buon vivere tra cittadini a partire dalla comunicazione tra i più giovani. Anche questo fa parte dei miei doveri”.

Giulia Lenci

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