Il Referendum sulle trivelle fallisce, non si raggiunge il quorum

Albania Kosovo e Macedonia
2 Maggio 2016
SALE
2 Maggio 2016

Il Referendum sulle trivelle fallisce, non si raggiunge il quorum

Alle urne meno di un italiano su tre. Alla chiusura dei seggi l’affluenza è stata del 32%. Votano tutti i leader politici tranne Renzi e Berlusconi

Il referendum sulla durata delle concessioni alle trivelle non è risultato valido. Alle urne si è presentato il 32,15 % degli elettori aventi diritto, che è sceso al 31,18 se si tiene conto del (non) voto degli italiani residenti all’estero. In totale si tratta di 15 milioni e 806.788 elettori. I SI sono stati tuttavia la maggioranza con l’85,84% delle preferenze (contro il 14,16% dei NO), ma l’esito della consultazione non sarà tenuto in considerazione. Durante la lunga giornata dedicata al referendum, hanno votato le più alte cariche dello Stato: in mattinata si sono presentati alle urne i presidenti di Camera e Senato, solo alla sera – intorno alle 20,40 – il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Tra gli altri esponenti politici, si sono presentati ai seggi il segretario della Lega Nord Matteo Salvini, il leader del M5s Beppe Grillo e l’ex presidente del Consiglio Romano Prodi. Il Pd aveva dato indicazione di astenersi, ma non tutti gli esponenti hanno rispettato la direttiva. Ha votato il ministro dell’Interno Angelino Alfano. Non si è presentato alle urne, invece, Silvio Berlusconi e il premier Matteo Renzi. Pochi minuti dopo la chiusura delle urne, il primo a commentare è stato proprio il presidente del Consiglio con un discorso da Palazzo Chigi. “Il governo non si annovera tra i vincitori. I vincitori sono gli ingegneri e gli operai, lavoratori delle piattaforme”, ma “massimo rispetto per tutti gli italiani andati al voto, comunque essi abbiano votato. Chi vota non perde mai”. Poi Renzi ha proseguito attaccando attaccato i promotori del referendum: “Ma gli sconfitti ci sono, hanno nomi e cognomi. Sono quei consiglieri regionali e alcuni presidenti di regione che hanno voluto cavalcare questo referendum per esigenze personali. È la dimostrazione che la demogogia non paga”. Dal punto di vista strettamente politico, i problemi, al di là del risultato, riguarderanno i contraccolpi all’interno del Partito democratico in vista delle amministrative, ma anche del referendum confermativo sulle riforme costituzionali. Il tema dell’astensione ha fatto dibattere più dell’argomento dello stesso referendum. Renzi si è detto dispiaciuto di aver dovuto “non votare”,”saremo il Paese più verde d’Europa”, ha aggiunto, spiegando che però le politiche per le rinnovabili non possono essere fatte sprecando l’energia che già abbiamo ma con il tempo.
Su cosa si è votato
Domenica 23 aprile dalle ore 7 alle 23 gli elettori italiani sono stati chiamati ad esprimersi sul referendum promosso da nove regioni, ambientalisti e comitati locali che chiedevano di non rinnovare la concessione per estrarre idrocarburi in mare entro 12 miglia dalla costa (circa 20km) anche se il giacimento non è esaurito. Nelle ultime settimane si era acceso il dibattito tra i sostenitori del voto per il SI contro le trivelle, chi spingeva per il NO e chi suggeriva di dissertare del tutto le urne per far si che il quorum (fissato a 13 milioni di aventi diritto al voto) non venisse raggiunto. Si è trattato quindi di un referendum abrogativo: in caso di vittoria del Sì, le concessioni per gli impianti di estrazione di gas e petrolio entro dodici miglia dalla costa, non sarebbero state rinnovate. Con il fallimento del referendum (che equivale a una vittoria del No) la norma rimane in vigore così com’è, ovvero l’attività di estrazione potrà continuare fino all’esaurimento del giacimento.
L’affluenza nelle regioni
La Basilicata è stata la regione italiana che ha registrato la più alta affluenza, con il 50,5%, unica Regione a superare il quorum. E unica provincia a superare quota 50% è stata Matera, con poco più del 53% (Potenza si è fermata al 49%). Anche in Puglia – regione molto interessata al tema trivellazioni, con il governatore Emiliano tra i maggiori promotori del Sì – l’affluenza è sopra la media italiana, anche se si ferma poco oltre il 40%. In Veneto l’affluenza è stata del 37,9%. Maglia nera dell’affluenza in Trentino Alto Adige, regione poco interessata dal tema trivellazioni in mare: qui l’affluenza si è fermata al 23,8%. Ma anche la Campania e la Calabria, che pure il mare ce l’hanno, hanno votato poco (rispettivamente 25,9% e 26,4%).
I referendum dal 1974 a oggi: sempre meno al voto
Il referendum abrogativo, a differenza di quello costituzionale, è valido soltanto se si raggiunge il quorum, cioè se votano almeno il 50% più uno degli aventi diritto. Il primo referendum abrogativo in Italia, quello sul divorzio, si svolse nel 1974 e, vincendo il no, confermò la legge. L’affluenza fu altissima, la più alta nella storia della nostra Repubblica: l’87,7% degli aventi diritto si recò alle urne. Da allora è via via diminuita, mantenendosi molto alta nelle prime consultazioni (finanziamento pubblico ai partiti, 1978, 81%) e calando sempre di più, arrivando al 1997: da quell’anno non si è più raggiunto il quorum. Tranne che nel 2011, quando i cittadini sono stati chiamati a votare per la gestione pubblica del settore idrico. In questo caso andò a votare il 54% degli aventi diritto. Il primo referendum che non raggiunse il numero sufficiente di voti fu quello sulla caccia e l’agricoltura del 1990, richiesto da Radicali. Nel 1993 è stata registrata un’inversione di tendenza nella discesa libera dell’affluenza, con un picco del 77%, quando gli italiani sono stati chiamati a votare per l’abrogazione sulla legge del finanziamento pubblico ai partiti. L’anno prima era scoppiato lo scandalo di Mani Pulite. La successiva consultazione (1995) sulla privatizzazione della Rai, è stata l’ultima in cui si è raggiunto il quorum, eccezion fatta per il 2011. Un’ultima curiosità: fino al 1993 si è sempre votato su due giornate, dal ‘93 al 2000 solo su un giorno, poi di nuovo su due.

Maria Rita Cappucci

Comments are closed.