Allarme dal Viminale: sbarchi in Italia sono raddoppiati in un anno.
I centri di accoglienza sono al collasso.
L’onda rischia di travolgerci. La rete dei centri d’accoglienza non reggerà. Servono caserme e tendopoli. Ci vuole un piano nazionale anticrisi». Al Viminale gira un numero che fa paura: 270mila. Tanti potrebbero essere i migranti pronti ad approdare sulle coste italiane nel 2016. I primi mesi dell’anno segnano già un record: 80% di arrivi in più rispetto al 2015. Non solo. C’è un’inversione di tendenza che allarma: dal 20 marzo, giorno dell’accordo Ue-Turchia, gli sbarchi in Italia hanno sorpassato quelli sulle coste greche. «Aumentano i flussi e le nazionalità in viaggio — conferma Carlotta Sami, portavoce per il Sud Europa dell’Unhcr — tra le oltre 400 persone a bordo degli ultimi due barconi di 18 metri in arrivo dall’Egitto ci sono yemeniti, etiopi, somali, eritrei nigeriani, sud sudanesi, egiziani. La situazione è preoccupante». Di più: i numeri del ministero dell’Interno sono impressionanti. I migranti sbarcati dal 1 gennaio al 30 marzo 2016 sono stati 18.234, rispetto ai 10.165 dello stesso periodo del 2015 e ai 10.965 del 2014. Insomma, un’impennata dell’80%. E così se il 2015 aveva registrato una lieve flessione negli sbarchi (153mila rispetto ai 170mila del 2014), il 2016 comincia con un’ondata record. E ancora: 2.378 sono stati i fermati alle frontiere terrestri quest’anno, per lo più pachistani e afgani. Chi è che sbarca sulle nostre coste? Stando ai numeri del Viminale, nel 2016 in testa ci sono i flussi dalla Nigeria (2.426), seguiti dai migranti provenienti da Gambia (1.948) e Senegal (1.373). I primi tre porti d’arrivo sono quelli di Pozzallo (4.074), Augusta (3.043), Lampedusa (2.695). Moltissimi i minori in arrivo, soprattutto egiziani: già 1.434 al 24 marzo di quest’anno. Quello che stupisce è il crollo degli arrivi via mare in Grecia: se nel 2016 si contano già 149mila sbarchi sulle coste elleniche, dopo l’accordo tra Ue e Ankara (in vigore dal 20 marzo) il flusso si è ridotto a poche centinaia. Facendo segnare il sorpasso dell’Italia come meta degli sbarchi negli ultimi tempi. Il timore è dunque che la chiusura della rotta balcanica, con la Turchia a far da gendarme della frontiera europea, rischi di far esplodere la “Central Mediterranean route”: quella via mare che da Libia e Nord Africa approda in Italia. Sono ben 109.320 i migranti ospitati in Italia al 30 marzo 2016. Tra le regioni, in testa resta la Lombardia con oltre 14mila presenze, seguono Sicilia (oltre 12mila) e Lazio (oltre 8mila). In fondo alla coda non si schiodano Basilicata e Valle d’Aosta.
Problema migranti, l’ONU interviene: “Dal 2014 oltre 10mila morti nel Mediterraneo”. Ue: avanti con “Migration Compact”. Il nuovo piano dell’Italia prevede 500 milioni per affrontare l’emergenza.
Si aggrava il bilancio delle vittime del Mediterraneo: secondo il nuovo tragico bollettino dell’Onu dal 2014 sono morte oltre 10mila persone in mare. Secondo l’Alto commissariato Onu per i rifugiati la cosa “orribile” è l’impennata registrata quest’anno a conferma che la crisi si è acuita nonostante gli sforzi internazionali. Se infatti nel 2014 le vittime sono state 3.500, salite a 3.771 lo scorso anno, nei soli primi 5 mesi del 2016 sono già 2.814. Al Parlamento di Strasburgo l’Alto Commissario per la politica estera Ue, Federica Mogherini, ha presentato il piano Ue sui migranti e sulla partnership con l’Africa, al quale ha lavorato con il vicepresidente della Commissione Ue Frans Timmermans. Il nuovo impegno per il “Migration Compact” ammonterebbe a 8 miliardi nel periodo 2016-2020. Questa è la prima fase dell’intervento “strutturale” Ue. Non è chiaro quanta parte di tali fondi sono costituiti da fondi aggiuntivi rispetto a quelli previsti nel bilancio europeo e destinati da altri fondi, sta di fatto che si tratta indubbiamente di “nuovi impegni”. Per la seconda fase in un periodo medio-lungo, la Commissione propone di usare per i paesi africani la stessa formula usata attualmente per gli investimenti interni che si fondano sull’attrazione di capitale privato grazie all’impegno di garanzie o fondi freschi Ue. Il piano è stato ispirato dalla proposta italiana per un “Migration Compact”, pensata e ideata dal premier Matteo Renzi. Sulla base dell’esperienza fatta con l’accordo tra Ue e Turchia. L’obiettivo del piano italiano, è quello di ridurre i flussi migratori anche lungo la rotta mediterranea attraverso nuove intese con i Paesi d’origine e di transito, in particolare quelli africani, da finanziare con strumenti innovativi come i bond Ue-Africa.
500 milioni per affrontare l’emergenza: ecco cosa prevede il “Migration compact”
Sessanta miliardi per l’Africa. È questa la difficile missione alla quale sta lavorando la Commissione Europea per dare forma e sostanza al Migration Compact chiesto dal premier Matteo Renzi per fermare i flussi migratori. Da allora la proposta italiana è stata appoggiata da diversi leader. A partire da Angela Merkel e dal presidente dell’esecutivo comunitario Jean-Claude Juncker. Il testo, approvato dal collegio dei commissari Ue il 7 giugno, verrà poi portato al Consiglio europeo del 28 e 29 giugno alla ricerca del via libera da parte dei capi di Stato e di governo dei Ventotto.
ECCO QUANTO L’UE POTREBBE OFFRIRE AI PAESI TERZI IN BASE ALLA PROPOSTA ITALIANA.
• Progetti d’investimento. Opere dall’alto impatto sociale e infrastrutturale da individuare assieme al paese partner.
• Ue Africa-Bonds. Titoli con cui finanziare i progetti infrastrutturali e facilitare l’accesso di questi paesi ai mercati finanziari, in sinergia con la bei e le altre grandi organizzazioni finanziarie internazionali.
• Cooperazione sul fronte della sicurezza. Controllo comune dei confini e collaborazione sul fronte della lotta al crimine
• Opportunità di migrazione legale. Creazione di strumenti per l’accesso di lavoratori al mercato europeo
• Schema di reinsediamenti. Sistema di compensazione riservato ai paesi che si impegnano nello stabilire sistemi di asilo nazionali
ED ECCO QUELLO CHE L’UE POTREBBE CHIEDERE IN CAMBIO
• Controllo confini e riduzione flussi. Nell’ambito di un coordinamento con le forze locali anche grazie a una guardia di frontiera europea.
• Cooperazione sui rimpatri-riammissioni. Collaborazione amministrativa con i paesi sul fronte dell’identificazione, della distribuzione dei documenti e dei rimpatri.
• Gestione dei flussi dei rifugiati. Con il sostegno locale di strutture di accoglienza dove identificare chi ha diritto a ottenere protezione internazionale e chi no.
• Applicazione di sistemi di asilo nazionali. In linea con gli standard internazionali, con l’aiuto di agenzie specializzate come l’Unhcr (United Nations High Commissioner for Refugeese) la Oim (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni).
• Lotta comune ai trafficanti. Con operazioni congiunte di polizia e aumentando la cooperazione giudiziaria.
Maria Rita Cappucci