Le donne del Movimento Cinque Stelle trionfano a Roma e a Torino e battono il Pd.
La Raggi primo sindaco donna per la Capitale.
All’una di notte è Beppe Grillo a celebrare lo storico risultato elettorale del Movimento 5 stelle: il comico si affaccia alla finestra del suo hotel a braccia spalancate e in silenzio prende in mano un “appendino”. Inizia una nuova vita per il M5s: le candidate grilline asfaltano il Pd a Roma e Torino e si preparano ad amministrare due capoluoghi di regione e tra questi anche la Capitale d’Italia. L’avvocato Virginia Raggi è la prima donna sindaco in Campidoglio con più del doppio delle preferenze (67,15%) rispetto al dem Roberto Giachetti (32,85%), mentre Chiara Appendino (54,56%) ribalta il risultato del primo turno e batte Piero Fassino (45,44%). Il Pd si consola solo a Milano con la vittoria di Beppe Sala (51,70% contro il 48,30% di Parisi) e a Bologna con quella di Virginio Merola (54,46% contro il 45,36% della leghista Borgonzoni). Chi festeggia stasera però è il M5s che strappa 19 ballottaggi su 20 e ancora una volta rovescia il tavolo. “Non succede, ma se succede”. Questo è il motto che attivisti e parlamentari 5 stelle ripetono da giorni. Perché c’era la sfida del Campidoglio, ma non solo, e conquistare due città capoluogo di regione vuol dire fare il salto di qualità che aspettavano da mesi. Fa paura, ma è il momento: ora tocca fare sul serio. La nuova faccia del Movimento è pacata e istituzionale: “Saremo i sindaci di tutti i cittadini”, dicono a notte fonda dai rispettivi comitati elettorali di Roma e Torino. E’ una nuova era. “E’ un giorno storico, da oggi cambia tutto”. Matteo Renzi segue lo spoglio dal Nazareno, mentre a consolarlo c’è la vittoria al fotofinish di Beppe Sala a Milano. L’ex commissario Expo, tanto criticato persino da una parte del Pd, è riuscito dopo una sfida testa a testa a confermare il governo del centrosinistra. Ma la vittoria del più renziano dei candidati non basta a far stare tranquillo il premier che non commenta ufficialmente i risultati del voto, ma convoca la direzione nazionale per il 24 giugno. Da parte sua, il presidente del Consiglio dice di non drammatizzare né minimizzare e sostiene che si è trattato “non di un voto di protesta, ma di cambiamento”. Ma la minoranza non sembra intenzionata ad accontentarsi. Altro segnale d’allarme, oltre al tracollo di Napoli dove non sono arrivati neppure al secondo turno, è quello che viene dalla Toscana: il Pd perde cinque comuni su sei (compresa la rossa Grosseto). Il centrosinistra esce sconfitto anche a Savona e Carbonia. Resiste a Ravenna e fa tirare un sospiro la vittoria storica di Varese dopo 23 anni di Lega Nord. Storica anche la conquista di Caserta. Ma è troppo poco per stappare lo spumante. Acque agitate anche nel centrodestra. Non è chiaramente soddisfatto del responso delle urne a Milano il leader della Lega Nord, Matteo Salvini che, dopo essersi complimentato con i vincitori, annuncia battaglia. Festeggia invece Luigi de Magistris, rieletto a Napoli. E attacca il premier: “Abbiamo scritto un pezzo di storia, Napoli è l’unica città che consolida un risultato con sindaco assolutamente anomalo, senza avere alle spalle partiti”.
IL TRIONFO AL CAMPIDOGLIO DI VIRGINIA RAGGI
I giornali di tutto il mondo commentano la vittoria della Raggi, prima sindaca donna della Capitale: ottiene la poltrona da primo cittadino ottenendo una percentuale del di 67.17% contro il 32,83% di Roberto Gaicchetti che non ha avuto bisogno nemmeno dei risultati ufficiali per riconoscere la sconfitta. Nel comitato dei grillini vicino a Ostiense per l’occasione anche il riservatissimo figlio di Gianroberto Casaleggio, Davide che ha abbracciato la candidata M5s e ha detto: “E’ un sogno”. E lo era anche per la stessa Virginia Raggi partita da poco e arrivata fino la Campidoglio alla guida della capitale come 18 esimo e primo sindaco donna della storia di Roma e per giunta il più giovane. A febbraio il bottino di preferenze ottenuto alle “Comunarie” online che l’hanno lanciata nella corsa a Palazzo Senatorio era misero: 1.764 voti appena. Poco più di quelli conquistati alle amministrative del 2013. Poi, trainata dal boom del partito di Grillo e dallo “sponsor” Alessandro Di Battista, dalla crisi dei Dem a Roma e dalla spaccatura nel centrodestra, ha incassato 453mila voti al primo turno. Per trionfare, infine, al ballottaggio che l’ha incoronata sindaco.
CHI È VIRGINIA RAGGI
Avvocato civilista di professione, a luglio compirà 38 anni. Un’infanzia nel quartiere di San Giovanni, il diploma allo scientifico Newton, la laurea in Giurisprudenza a Roma Tre. Dall’età di 26 anni però la geografia cambia: trasloco a Roma Nord, borgata Ottavia. E’ lì che abita assieme a Matteo, il figlio di 7 anni, e non distante dal marito, Andrea Severini, regista radiofonico e attivista pentastellato che tempo fa la convinse a seguirlo nei meet-up grillini. Prima della nascita del figlio, però, la politica l’aveva appena sfiorata. Poi i dribbling col passeggino tra le macchine e “ho pensato di voler cambiare il mondo”, ha detto. Nel 2011 è entrata a far parte del Movimento e due anni dopo si è ritrovata catapultata tra gli scranni dell’Aula Giulio Cesare. E’ quello che le rimproverano sopra tutto: l’inesperienza. In Campidoglio si è occupata di scuola, ma alle elezioni di giugno si è presentata parlando di “legalità, onestà e trasparenza”. Ha agitato il “vento del cambiamento” e la “rivoluzione gentile” alla “vecchia politica dei partiti”. La stampa estera le ha dedicato ampie ed entusiaste pagine definendola “la candidata anti-establishment”. E alla mancata gavetta in sezione ha tentato di sostituire il volto da ragazza della porta accanto e un curriculum che annovera “l’amore per la montagna e le immersioni subacquee, le due ruote, la musica, il cinema, il teatro e la lettura”. Ora dovrà dimostrare di dare seguito alle sue promesse recuperando fondi dalla razionalizzazione degli sprechi e dalla (sperata) rinegoziazione del debito di Roma per portare a termine il suo programma, che parla di mobilità alternativa e potenziamento della differenziata, task force sugli appalti e semplificazione amministrativa attraverso la digitalizzazione e le nuove tecnologie, riorganizzazione della polizia municipale e superamento dei campi rom, investimenti nelle politiche sociali e nell’edilizia scolastica.
I PRIMI NOMI DELLA NUOVA GIUNTA CAPITOLINA
Fatto il sindaco (o la sindaca), ora tocca fare la giunta. Una «squadra» di governo che Virginia Raggi ha annunciato solo in parte venerdì scorso ad Ostia, quando ha chiuso la sua campagna elettorale. Il nome nuovo, per ora, è quello di Cristina Pronello ai Trasporti, che arriva dal Politecnico di Torino. E poi si attende il sì definitivo di Marcello Minenna al Bilancio e di Alberta Parissi alle Attività produttive. Daniele Frongia, eletto in consiglio comunale, potrebbe prendere in realtà il ruolo di capo di gabinetto. Mentre Marcello De Vito dovrebbe diventare presidente dell’Assemblea Capitolina. Per completare il team, che già vede Paolo Berdini all’Urbanistica, Andrea Lo Cicero allo Sport, Paola Muraro all’Ambiente e Luca Bergamo alla Cultura, mancano però ancora delle caselle da riempire: l’assessorato alla Scuola, quello a «Roma semplice» e quello di scopo sulla riorganizzazione delle Partecipate. Raggi, intanto, parla via Facebook: «Non potrei non accennare ai 4 mesi di campagna in cui qualcuno ci ha praticamente fatto una «guerra» senza precedenti. Il punto è che non sono riusciti a fermarci. Segno che siamo più forti e che i romani, soprattutto, sono più forti». Poi aggiunge: «Ma al di là dei toni aspri e degli attacchi che ho ricevuto, mi auguro che d’ora in avanti si possa aprire una nuova fase, più costruttiva, attraverso un dibattito onesto con le altre forze politiche centrato sui reali problemi dei cittadini. Roma ha bisogno di questo. È venuto il tempo di lavorare dopo anni di malgoverno. Le cose da fare sono tante e noi siamo pronti!».
COMUNALI NEL LAZIO
Quattro comuni su quattordici vanno ai cinque stelle.
Latina non più roccaforte nera:
la lista civica spazza via il centro destra dal capoluogo di provincia.
Quattro nuovi sindaci a 5 stelle tra i Castelli Romani e il lago di Bracciano: il ballottaggio ha cambiato la geografia politica dei comuni che orbitano attorno a Roma. Sono da oggi pentastellati i sindaci di Marino, Genzano, Nettuno e Anguillara Sabazia. Quattro sindaci grillini sui 14 al ballottaggio nel Lazio. A Marino il M5s aveva già vinto il primo turno con il 32,23% di Carlo Colizza, che al secondo si è trasformato in un 67,57% che ha travolto la Pd Eleonora Di Giulio. Capovolto invece lo scenario a Genzano, dove l’uscente Flavio Gabbarini del Pd aveva superato il primo turno con il 42,6% dei voti, il doppio del pentastellato Daniele Lorenzon, che però al ballottaggio ha sfiorato il 59,6%, guadagnandosi la fascia tricolore. Ad Anguillara Sabazia, una donna come Virginia Raggi: Sabrina Anselmo (sindaco con il 55,5%, dopo un 27,4 al primo turno) è stata protagonista di una rimonta su Antonio Pizzigallo (centrodestra), al primo turno quasi al 47%. A Nettuno, sul litorale sud, è sindaco Angelo Casto con il 69%; lo sfidante Rodolfo Turano, sostenuto dal centrodestra e vincitore del primo turno, è andato poco sotto il 31 al secondo. La Storia cambia, anche in posti come Latina. La decennale linea di discendenza che partiva dalla Dc e arrivava a Fratelli d’Italia passando per Alleanza Nazionale è stata interrotta. Il nuovo sindaco è Damiano Coletta, cardiologo di 55 anni che a capo di una coalizione di liste civiche è riuscito a intercettare la volontà di aria nuova che si respira in città. Ambiente, trasparenza, lotta all’abusivismo edilizio i cardini del programma di Latina Bene Comune. È finita con il 75,05% dei voti per Coletta e il 24,95% per Nicola Calandrini, ex presidente del consiglio comunale, esponente di un centrodestra dilaniato e sfibrato dal regolamento di conti tra Fdi e Forza Italia.
Maria Rita Cappucci