E’ triste che ci si ricordi delle persone solo negli anniversari di un lutto o di una dipartita, ma è anche consolatorio poter rivedere immagini a noi care. E’ il caso della bella Mostra antologica delle opere di Renzo Vespignani (1924-2001), visibile ancora per qualche giorno alla Galleria Edarcom Europa in via Macedonia 12/16 a Roma, allestita per onorare i tre lustri trascorsi dalla morte del Pittore. Come dice Stendhal “ la bellezza dell’Arte ravviva e raddoppia le bellezze naturali” e Renzo Vespignani, così come l’ho conosciuto io frequentando la galleria “Il fante di spade” a via di Ripetta diretta dalla moglie Netta insieme a Ferroni, Luporini, Canova, Perez e tanti altri Big dell’Arte contemporanea, rappresenta quell’ideale di bellezza mai sopita che rende eterna l’Arte. Erano gli anni ‘70 e Renzo portava avanti il nuovo ciclo pittorico “Album di famiglia” con una serie di ritratti della madre, dei figli, della moglie e degli amici con la sacralità panica di un’estetica della bellezza pura e senza veli, con larghe campiture e pennellate sapienti in un vivace cromatismo. Ma ritrae anche se stesso, con uno sguardo più ironico sulla sua personale quotidianità. Vizi e virtù, stati d’animo e sentimenti di un’artista in altalenante ambiguità, combattuto tra Eros e Tanathos in una magica sintesi di forma e contenuto, privilegiando sempre il lato emotivo della realtà e l’esperienza emozionale della vita rispetto a quella percettibile oggettivamente. Vedere, sentire, ritrarre sempre con gli occhi dell’anima è il leit motiv della sua poetica, secondo i dettami dell’Espressionismo che il pittore vive in tutte le sue dimensioni, nel bene e nel male, affrontando con la stessa energia le tematiche sociali più scottanti, le contraddizioni della società industrializzata e le storture del perbenismo di facciata fatto di burattini senz’anima schiavi delle mode usa e getta. D’altronde il dolore e la rabbia se li portava dentro Renzo, anche ora che era ampiamente realizzato in famiglia e professionalmente, senza mai poter dimenticare però il trauma vissuto in tenera età con la morte del padre e il trasferimento da una realtà felice ad una nuova vita ben più misera nello squallore delle case popolari al Portonaccio. E ancora di più quando è costretto a vivere alla macchia per l’occupazione nazista. E’ proprio allora che comincia a disegnare e non sono certo visioni idilliache. C’è l’orrore della guerra, le macerie dei bombardamenti, il dramma della fame. Ma c’è anche la speranza di una resurrezione. Ci credeva Renzo, ci credevamo tutti nella bella favola del boom economico degli anni ‘60. Ma non è stato proprio così e Renzo è inflessibile nel denunciare l’alienazione del mondo del lavoro con tutte le sue conseguenze. Da buon pittore segnico usa la sua arte per trasmettere sentimenti di sdegno e di rivolta contro tutte le ingiustizie. Ma è anche un uomo impegnato su altri fronti e come illustratore ha lasciato un’orma incancellabile, così come nella vasta produzione di litografie e nella fattiva partecipazione a Riviste culturali. Le sue Opere sono nei Musei di tutta Italia e all’estero e sono capolavori di bellezza.