Un successo oltre ogni aspettativa, un’Area Archeologica sconosciuta a molti e salita alla ribalta dopo il bellissimo lavoro conclusosi dopo meno di un anno. In molti l’hanno chiamata “l’Ara Pacis Veliterna”, ma forse è molto di più.
Parliamo dell’Area Archeologica delle Stimmate, inserita nel Progetto Plus che ha permesso inoltre la realizzazione della nuova viabilità che collega via Fontane delle Rose con via delle Fosse e chiaramente il convento del Carmine.
Un stupenda intuizione dell’amministrazione targata Fausto Servadio, un progetto curato dal dirigente Maurizio Sollami, diretto dall’architetto Gianfranco Quattrocchi e realizzato con sapiente maestria dalla ditta R.E.I.A. di Luigi Gentili. Dal luglio 2015 fino all’apertura straordinaria del 3 aprile, il lavoro di messa in sicurezza e di valorizzazione è stato incessante, difficoltoso ma stimolante.
Una struttura in acciaio e legno laminare, con vetri frangisole in constant e luci a led sul soffitto e nella passerella, per valorizzare al meglio la struttura anche di notte. È stato inoltre effettuato il consolidamento della rupe con relativo terrazzamento e creazione di un percorso pedonale oltre al consolidamento delle fondamenta e dei muri perimetrali. Per finire l’ampia pedana di accesso, in legno, accompagna il visitatore all’interno del sito archeologico e nella visita dei reperti, dei mattonati, delle colonne in marmo e delle cripte sepolcrali visibili.
L’altura occupata dalle Sacre Stimmate di San Francesco costituisce un sito di rilevante importanza. I primi significativi rinvenimenti, avvenuti nel 1784 durante le ristrutturazioni dell’oratorio della chiesa, comprendono le note lastre fittili e altre terrecotte architettoniche, tra cui la testa di sfinge, attribuibili al tetto di un tempio tardo-arcaico. Definiti “bassorilievi volsci” sono stati immessi nella collezione Borgia, poi donati, in gran parte, al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. In quello stesso anno venne anche rinvenuta la celebre Tabula Veliterna. Nel 1910, indagini eseguite dall’allora ispettore alle Belle Arti, Giovacchino Mancini, con l’aiuto dell’ispettore onorario Oreste Nardini, fecero affiorare alcuni resti murari in tufo riferibili al tempio tardo-arcaico, altre lastre figurate e parte del corpo della celebre Sfinge, esposto nel locale museo civico archeologico “Oreste Nardini”. Tra i ritrovamenti più significativi ci sono delle lastre dipinte con più colori e raffiguranti scene di banchetto, processione, corsa di carri, corsa di cavalieri e consesso, e l’antefissa a testa femminile in terracotta dipinta in rosso e nero. Nel 1989 in base agli studi delle terrecotte, Francesca Romana Fortunati ha elaborato una prima ricostruzione del tetto del tempio. A metà degli anni ‘70, l’area è stata danneggiata a causa di alcuni lavori edilizi in seguito alla chiusura e alla sconsacrazione della chiesa. Tra i numerosi materiali ritrovati ceramiche databili tra la prima età del ferro e l’orientalizzante. Di particolare interesse sono due frammenti delle volute acroteriali che decoravano il tetto dell’edificio. La presenza di ceramiche a vernice nera ed ex voto anatomici riproducenti dei piedi ha dimostrato come l’area continuasse ad essere frequentata in epoca medio e tardo repubblicana. Altri frammenti ceramici sono riferibili all’età imperiale.
Dopo l’acquisizione dell’area da parte del Comune di Velletri nel 1992, insieme alla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio, sono state effettuate nuove indagini, sotto la direzione di Giuseppina Ghini, per recuperare e valorizzare l’area. Nuovi scavi archeologici sono stati eseguiti nel 2014-2016 per consentire la musealizzazione dell’area. L’edificio templare si sovrappone ad una capanna di età protostorica dalla probabile funzione sacrale. Della capanna, di cui deve essere ancora completato lo scavo, sono visibili finora solo parte di una canaletta ed alcuni buchi di palo riferibili alla struttura e alla copertura in legno e materiale deperibile. La sacralità dell’area è indicato anche dalla presenza di vasi miniaturistici. Si segnalano i due frammenti iscritti che costituiscono le più antiche testimonianze epigrafiche rinvenute nell’area. Secondo Alessandro Morandi si riferiscono al corpus delle iscrizioni proto-italiche, mentre secondo Daniele Federico Maras, al corpus delle iscrizioni latine di età alto-arcaica. I frammenti sono esposti nel Museo civico archeologico “Oreste Nardini” di Velletri. Le indagini condotte nel 2005-2006 hanno evidenziato una concentrazione di materiale al di sopra delle strutture del tempio tardo-arcaico. Grazie al lavoro condotto da Donata Sarracino, Chiara Fanelli e Cecilia Predan, tuttora in corso, dai numerosi frammenti è stato possibile ricostruire esemplari di pregevole fattura e spesso con caratteristiche singolari che si datano tra la prima età del Ferro e l’età arcaica. Si tratta di vasi in impasto bruno, impasto rosso e bucchero e di un’anfora in imposto chiaro sabbioso che per il tipo d’impasto e d’ingobbio appare databile tra la fine del V e del IV secolo a.C. Una prima selezione dei vasi è esposta nel Museo civico archeologico di Velletri.
La chiesa della Madonna della Neve fu eretta nel XV secolo. Con la concessione della Venerabile Arciconfraternita delle Sacre Stimmate di San Francesco di Velletri, cambio dedicazione in seguito ad una bolla del papa Clemente VIII nel 1602. La chiesa comprendeva un oratorio, un appartamento al piano superiore per il custode, una cantina, un giardino e un orto. Il presbiterio, racchiuso entro quattro colonne in porfido pregiato con capitelli in marmo bianco, era delimitato da una balaustra con colonnette di marmo e sportelli di noce. Nell’altare maggiore erano custodite le reliquie di Santa Euticia donate alla Confraternita del cardinale Stefano Borgia nel 1782. Degli oggetti di pregio che appartenevano alla chiesa rimangono il quadro con la Madonna della Neve del XVI secolo e lo stendardo professionale con San Francesco realizzato nel 1826 da Giuseppe Della Valle, entrambi esposti nel Museo Diocesano di Velletri. I confratelli allestivano dietro l’altare maggiore grazie a scenografie accuratamente studiate ricche di tessuti, costruzioni in cartapesta, strutture vere e proprie, tele dipinte e statue a grandezza naturale, cui erano forse pertinenti piedi e mani in gesso policromo rinvenuti negli scavi del 1989. Sotto il pavimento della navata erano collocate le sepolture di alcuni sacerdoti membri della Confraternita e di alcuni confratelli veliterni deceduti nel tardo ‘800. Durante i lavori di pulizia preliminari agli scavi archeologici eseguiti nel mese di settembre del 2014, è stato messo in luce il crollo di una porzione di pavimento, sotto al quale è visibile il soffitto voltato di un’ampia cripta da cui si accede ad un ambiente simile collocato sotto l’ex coro. Nell’ex presbiterio sono stati rinvenuti alcuni frammenti di decorazioni marmoree di varie epoche riutilizzati come lastre pavimentali. Degni di nota sono una cornice parietale della chiesa con inserti in marmo colorato e un frammento di cornice architettonica di età romana impiegata come supporto per un’epigrafe commemorativa del 1833: FR PETRUS LAZZARINI / FECIT / ANNO DOMINI MDCCCXXXIII, collocata dietro l’altare.
Una domenica di attesa per i cittadini di Velletri, oltre 2000 visite, fino a quasi due ore di fila, con l’ultimo ingresso alle ore 21:00 dopo oltre 12 ore di interminabile flusso, per un luogo che d’ora in avanti diventerà sicuramente un polo di straordinario interesse turistico.
Ma oltre alla possibilità di visitare questa imponente struttura, a breve continueranno gli scavi, sempre sotto lo sguardo vigile della sovrintendenza ai beni archeologici diretta dalla dott. Drago, perché alcune parti potrebbero portare alla luce nuovi e importanti reperti.
La cultura al centro del rilancio di Velletri, questo forse è il più grande successo per la nostra Città.