Un’altra voce femminile per Albano: la parola all’assessore della pubblica istruzione Alessandra Zeppieri
Il suo è un incarico di grande responsabilità. La pubblica istruzione e le politiche giovanili sono il suo settore di riferimento, senza dimenticare le deleghe alla gestione delle biblioteche. Insomma un impegno a 360 gradi che, nonostante la sua giovane età, l’assessore Alessandra Zeppieri porta avanti con serietà, determinazione e voglia di fare sempre meglio. Dal progetto “Albano insieme”, all’istruzione come istituzione che deve partire dai bisogni reali e non dai giochi di potere, fino alle biblioteche, luogo di aggregazione sociale e culturale che deve rinascere e rinascerà, questi gli argomenti trattati durante l’intervista con l’assessore Zeppieri, che ha voluto mostrarci la città di Albano come una realtà in crescita soprattutto per i giovani.
“Creare un canale comunicativo forte tra scuola e territorio”, con queste parole ha descritto il progetto “Albano insieme”, quali sono i punti salienti di questa edizione?
“Albano Insieme” credo sia il progetto più completo che un territorio possa realizzare, coinvolgendo le Istituzioni Scolastiche. L’iniziativa si conclude con un festival nel mese di maggio, che è divenuto l’evento che tutti ormai aspettano, soprattutto i più piccolini. Questa quarta edizione propone, oltre ai punti che sappiamo essere vincenti, alcune novità: l’ingresso all’interno del progetto di nuovi attori sociali – che ogni anno, con piacere, vediamo aumentare nella quantità- ; nuove proposte riguardanti il concorso “Camminiamo insieme” e tante sorprese per la giornata-evento finale. Inoltre “Camminiamo insieme” porterà quest’anno i nostri studenti a confrontarsi, oltre che sulle tematiche ricorrenti, sul significato dell’amore e dell’amicizia, sull’importanza delle piccole azioni quotidiane, sul rispetto e il reciproco scambio di conoscenze. Il festival finale vedrà coinvolti i bambini in numerosissime attività di gioco gratuite. In particolar modo quest’anno si aggiungeranno novità come il Rugby, laboratori del buon cibo, laboratori di lettura fantasy. Sono davvero tante le proposte perciò vi consiglio di non mancare.
Parlando sempre di questo progetto, uno dei suoi obiettivi è far incontrare i giovani con le realtà associative. Quanto, secondo lei, manca il sentire comune tra le nuove generazioni?
Credo che negli ultimi anni siano nate nuove forme comunicative che hanno influenzato notevolmente le modalità di relazionarsi con gli altri e il modo di essere nella società. Oggi siamo tutti facilmente collegati ma spesso c’è uno scollamento dalla realtà, e il rischio è quello di ritrovarsi paradossalmente soli, in una società in cui è molto “semplice” comunicare. La tecnologia, che dovrebbe facilitare la nostra convivenza con i suoi tanti canali comunicativi, se non utilizzata nel giusto modo, indubbiamente isola. I tempi di lavoro, così come i nuclei familiari, sono cambiati e i ragazzi si trovano sempre più spesso a trascorrere il loro tempo soli davanti ad un dispositivo elettronico. L’incontro dei giovani con le Istituzioni e le realtà associative è la strada che abbiamo scelto per affrontare questa problematica; a partire dagli interessi che muovono i ragazzi, si vuole cercare di arrivare a diffondere un senso di appartenenza e un sentire comune, per far capire loro che non sono soli e insieme formiamo una comunità unita da una rete di relazioni, dove anche loro possono essere i protagonisti del vivere sociale.
Anche la scuola sta attraversando un momento di cambiamento, quali sono i punti che ritiene più utili della riforma messa in atto dal governo Renzi?
Sinceramente credo che una riforma scolastica per essere realmente utile ed innovativa debba partire “dal basso”, da chi la scuola la vive ogni giorno e, per questo, ne conosce i reali bisogni e potenzialità. Dunque credo che prendere in considerazione proposte di legge, come la LIP Scuola, elaborata da insegnanti, genitori, studenti e cittadini, sia la via maestra per riformare la scuola. I punti utili all’interno del ddl sulla “Buona scuola” sono rintracciabili, a mio avviso, nei POF (Piani dell’Offerta Formativa) che diventano triennali e, quindi, richiedono una progettazione a medio termine, coinvolgendo attivamente anche le istituzioni locali e il territorio; credo che anche l’alternanza scuola-lavoro, se vengono progettati dei percorsi formativi efficaci, possa essere molto positiva per gli studenti. Per il resto ritengo che, soltanto riportando l’istruzione tra le priorità delle nostre agende politiche, si potrà realizzare un sistema scolastico adeguato. Ad oggi, però, siamo molto lontani da questo. Se uno stato non decide di investire seriamente nell’istruzione che futuro avrà la nostra società?
A novembre presenzierà ad un evento per la sensibilizzazione sul tema della violenza sulle donne, in città è stato anche istituito un centro di ascolto. Tuttavia molte vittime subiscono ancora in silenzio. Cosa le spinge a non parlare? E quanto l’istruzione può aiutare in questo?
Quando una donna è resa vittima di violenza purtroppo si sente responsabile di ciò che le sta accadendo. Questo, congiuntamente al fatto di sperare in un cambio da parte dell’uomo che ha al suo fianco, fa si che la maggior parte delle donne scelgano di rimanere in silenzio. Si entra in un vortice fatto di asservimento psicologico e manipolazione, da cui è possibile uscire solamente trovando la forza di chiedere aiuto. Credo che in questo, l’istruzione abbia un ruolo fondamentale perché, è solamente andando a lavorare su una maggior consapevolezza culturale e perciò di se stessi, che si potrà attuare una inversione di marcia. Più che di istruzione io, però, parlerei di educazione. La nostra società è una società fortemente maschilista e la donna è spesso vista come un oggetto. Attraverso l’educazione delle giovani leve, possiamo insegnare loro il rispetto nei confronti della vita e delle persone che incontriamo nel nostro cammino, promuovendo il dialogo, quale via da intraprendere per superare i conflitti promuovendo la non violenza come forma di interazione. L’incontro del 12 novembre, presso la biblioteca di Cecchina, vuole essere proprio un momento di confronto con le donne del territorio, accompagnato dalla mediazione di una psicologa e di una psicoterapeuta, per affrontare questa delicata tematica che si configura sempre di più come una vera emergenza sociale.
Tra le sue deleghe c’è quella alle biblioteche. Che tipo di futuro vede per queste istituzioni culturali, come si può preservare il loro valore, rendendole allo stesso tempo atte ad accogliere la cultura digitale?
Per quanto riguarda le biblioteche, purtroppo, abbiamo almeno dieci anni di ritardo rispetto al resto del mondo. L’11% della nostra popolazione le frequenta, contro la media degli Stati Uniti che è del 70%. Ma qualcosa sta finalmente cambiando. Le nostre biblioteche hanno deciso di modernizzarsi e aprire virtualmente le porte ai propri lettori, tutto lo scibile a portata di click in ogni momento, in ogni parte del mondo. Esse sono già importanti punti di studio e di aggregazione sul territorio, ma con la loro digitalizzazione saranno un’opportunità straordinaria per mettere a disposizione di tutti i cittadini e le cittadine, ed in modo particolare dei giovani, oltre ai libri, anche la musica, il cinema, le riviste e i documenti di tutto il mondo.
Maria Rita Cappucci