Il giornalista e scrittore Franco Di Mare presenterà a Velletri il suo nuovo romanzo “Il teorema del babà”
“In questa storia il vero protagonista non è la cucina, ma un popolo, il nostro, restio ai cambiamenti”
Velletri l’ha già accolto a braccia aperte diverse volte, una delle ultime in occasione della presentazione del suo romanzo “Il paradiso dei diavoli”. Adesso il giornalista e scrittore Franco Di Mare torna nella nostra città, stavolta a teatro, per parlarci del suo nuovo romanzo, pubblicato da Rizzoli, in uscita a novembre. “Il teorema del babà” questo il titolo, “non è un libro di cucina anche se è un argomento che mi appassiona molto” come spiega lo stesso Franco Di Mare, ma un romanzo sull’eterna lotta, in un piccolo paese della costiera amalfitana, che è un po’ il prototipo di tutti i paesi italiani, tra tradizione e innovazione. Un conflitto insito nelle viscere culturali del popolo italiano, sempre restio ad andare verso il cambiamento, seppur lo ricerca con fervore. Nel romanzo, questa volta, il cambiamento riguarda il cibo, la cucina tradizionale partenopea rappresentata a Bauci, da Procolo Jovine e dal suo ristorante “Da Liborio”. Proprio il periodo di natale, quando fervono i preparativi per il pranzo più importante dell’anno, Procolo insieme a tutto il paese, si trova di fronte ad una scoperta inquietante: proprio dall’altra parte della strada, di fronte al suo ristorante sta alzando la saracinesca “Experience”, il ristornate dello chef pluri-stellato Jacopo Taddei. Inevitabilmente tra i due cuochi si scatena una lotta all’ultimo piatto, con gli abitanti di Bauci a fare da spettatori. Chi vincerà? In attesa di leggere il romanzo, Franco Di Mare si racconta sulle pagine di Nonsolorosa, e ascoltarlo per noi è come mangiare un babà fatto in casa, un vero e unico piacere.
Dopo il successo del “Caffè dei miracoli” ha deciso di cimentarsi in un libro dove la vera protagonista è la cucina, come è nata questa storia?
In realtà la cucina è un finto protagonista, è un pretesto, per affrontare un tema ben più profondo e radicato nella nostra cultura. La storia è ambientata in questo paesino che si chiama Bauci che in sostanza rappresenta un po’ tutti i paesi d’Italia, dove c’è una forte resistenza al cambiamento, all’innovazione. Spesso noi diciamo di sentire il bisogno di cambiare, ma poi di fatto non facciamo nulla perché questo accada, e quando ci si pone di fronte la possibilità, preferiamo fare un’inversione di tendenza,tornare al vecchio e non andare verso il nuovo. è proprio in questo paesino radicato nella più sentita tradizione partenopea che da un giorno all’altro, di fronte ad uno dei ristoranti più tradizionali del paese, ne apre uno nuovo che fa cucina molecolare. Questo provocherà ovviamente uno sconvolgimento tra tutta gli abitanti del paesino. Per questo nel mio romanzo parlare di cucina, nello specifico della lotta tra cucina tradizionale e molecolare, si rivela un pretesto narrativo per affrontare la più ampia questione del rapporto tra tradizione e innovazione, due concetti che noi come popolo culturalmente facciamo fatica a far convivere sotto lo stesso tetto. Questa è al vera chiave del romanzo.
Nel libro lei racconta in modo divertente ed energico la lotta tra i sapori tradizional-popolari della cucina nostrana e quelli più sofisticati degli chef pluri-stellati, se dovesse scegliere per quale cucina opterebbe?
Devo dirti la verità, io sono senza dubbio legato alla cucina della tradizione, però spesse volte, quando mi è capitato di mangiare in ristoranti stellati, ho scoperto delle cose straordinarie e soprattutto una fortissima capacità di rinnovare, ti faccio un esempio. C’e un chef stellato che vive e lavora in un grande albergo campano che a un certo punto ha inventato un dolcetto che sembra un sacchetto dell’immondizia e l’ha chiamato “la monnezza di Napoli”. In questo sacchettino di immondizia, che è fatto di carta di zucchero, c’è un dolce dal sapore fantastico. Ma la cosa incredibile è che questo dolce si gusta mentre si ascolta un mp3 con la voce di Pino Daniele che canta una canzone su Napoli. Questo è per spiegare come la cucina più sperimentale sia innovativa, anche perché propone vecchi sapori in modo nuovo e originale. La cucina molecolare è un po’ come le auto della Formula 1, rispetto a quelle tradizionali: le prime sono fornite di marchingegni tecnologici avanzati, inventati 25 anni fa, che le seconde vedranno solo più tardi. Lo stesso è per la cucina molecolare: il cuoco che cucina con l’azoto e l’idrogeno anticipa quello che faranno tutti gli chef tra qualche tempo, anche quelli più tradizionali. Quello che la cucina molecolare sperimenta oggi, che a noi fa storcere il naso, sarà senza alcun dubbio la nuova frontiera della cucina del futuro.
Da tempo hanno sempre più presa tra il pubblico della tv i programmi di cucina soprattutto i talent, cosa ne pensa, ne segue qualcuno in particolare?
Qualcuno l’ho visto anche con piacere e divertimento. Una volta se un giovane avesse detto ai suoi genitori voglio fare il cuoco non l’avrebbero preso sul serio, tentando di fargli cambiare idea. Invece adesso fare il cuoco è diventato una cosa da star. Questo perché il cibo è diventato sempre più importante nelle nostre vite ma non solo per una semplice questione di nutrizione, bensì per un fattore culturale. Perciò il successo dei talent è dovuto anche a questa nuova visione del cibo come elemento di aggregazione culturale e sociale sempre più forte.
Mentre l’expo si conclude con successo, in Italia, già terra di vegani, esplode la polemica sulle carni rosse, come sta cambiando la nostra tradizione culinaria e come cambierà nel tempo?
Il problema di fondo non è la carne rossa, ma il suo eccessivo consumo, dovuto ad un elemento principale: la carne oggi è uno degli alimenti che costa meno, e anche per questo noi abbiamo modificato le nostre abitudini alimentari. Un pensionato, una persona che ha difficoltà economiche compra la carne perché risparmia. Il punto è, una volta, mi riferisco soprattutto al dopoguerra, la carne si consumava al massimo una volta a settimana, attualmente ne facciamo uso quasi tutti i giorni, anche perché è un alimento basico e facile da preparare. Perciò la colpa non è senz’altro della carne rossa in se, ma della dieta squilibrata che facciamo.
Recentemente in una puntata di Uno Mattina ha affrontato il tema delle unione civili, qual è la sua opinione al riguardo?
Credo che tutti noi abbiamo diritto di vivere la vita che vogliamo, nel rispetto delle scelte sessuali di ognuno. La vita di una coppia omosessuale non è diversa da quella di una coppia etero. Per quanto mi riguarda Io sono rigorosamente praticante ed eterosessuale, e sapere che ci sia una coppia di due donne e due uomini sul mio stesso pianerottolo di casa non mi sconvolge assolutamente la vita. L’omosessualità, non è certo contagiosa e pertanto non può condizionare o mettere in discussione la famiglia tradizionale. Sulla questione invece delle adozione, dovremmo aprire una dibattito più ampio e complesso. Indipendentemente dalle singole posizioni, il nostro sistema legislativo deve essere conforme a quello europeo. Perciò se in Europa è consentita la possibilità di regolamentare le unioni civili anche tra persone dello stesso sesso, anche noi non possiamo essere da meno. E poi si tratta di una questione di civiltà per tutte le coppie non solo per quelle omosessuali, ma anche per quelle eterosessuali non sposate, che devono godere degli stessi diritti civili. Il fatto che in una coppia non sposata due persone che passano al vita insieme non abbiano alcun diritto previdenziale, di assistenza, e molto altro sul proprio compagno non è ammissibile dal punto di vista civile e morale.
Il prossimo 4 dicembre avremo il piacere di averla ospite per la terza volta a Velletri per presentare il suo ultimo romanzo. Possiamo considerarla, ormai, un sorta di cittadino onorario. Un rapporto più che consolidato per il quale possiamo chiederle cosa rappresenta Velletri per lei?
Velletri è senza dubbio parte del patrimonio culturale di questo paese e ha una storia e una tradizione tali che diventa impossibile non conoscere i suoi luoghi culturali, ma soprattutto i suoi monumenti. Oltretutto è un centro vivo e pulsante, a pochi passi da Roma. Né troppo vicino, né troppo lontano dalla capitale, Velletri è un luogo dove l’anima si rinfranca e anche il palato gode di ottime sensazioni, visto che si mangia benissimo.
Maria Rita Cappucci