ETERNAMENTE CONTRARIO
Era il solo, l’unico al quale fosse consentito di fumare negli studi della Rai. Il permesso lo aveva ottenuto esibendo un singolare certificato medico che sosteneva che l’assenza di fumo per lui era pericolosa, perché gli procurava uno stato d’ansia che avrebbe potuto avere esiti infausti per la sua salute. Dunque la sigaretta o il toscano gli erano necessari come la coperta a Linus.
Forse anche a causa di quelle centinaia di migliaia di sigarette fumate nel corso degli anni, Marco Pannella se n’è andato, in una clinica romana, al termine di una vita rigorosa e spericolata, spesa senza tentennamenti e senza rimorsi.
Il coro di commiato che si è levato nelle ore successive alla sua morte dice quanto rispetto ispirasse la sua bella figura di combattente leale e generoso anche in chi non aveva mai votato per quel partito radicale che lui stesso aveva fondato sessant’anni fa insieme a Leo Valiani, Ernesto Rossi, Eugenio Scalfari e Mario Pannunzio. Non c’è avversario politico che non gli riconosca – non oggi che non c’è più, ma da sempre – una dirittura morale e una onestà politica di raro conio.
Perfino Papa Francesco, informato del suo precario stato di salute, gli aveva inviato i suoi saluti nel giorno del suo ottantaseiesimo compleanno, festeggiato pochi giorni fa in una casa piena di amici nel centro di Roma, la sua abitazione a due passi dal Quirinale, aperta a chiunque bussasse alla porta. E suonano ancor più importanti i saluti e gli auguri di un pontefice all’uomo che, con le sue battaglie politiche era riuscito a far passare nel 1970 la legge sul divorzio e quella sull’interruzione di gravidanza pochi anni dopo.
Anche questo è segno tangibile dell’empatia che il suo rigore morale riusciva a generare anche in chi era distantissimo dalle sue posizioni politiche. Si poteva non essere d’accordo con lui, ma non si poteva guardarlo con ostilità, acredine o astio.
Era l’incubo dei giornalisti televisivi. Contenerlo era impossibile. Ve lo dico per esperienza diretta, avendolo intervistato in qualche occasione. Non conosceva il rispetto dei tempi. Per lui i minuti che scorrevano erano una variabile secondaria. Era difficile contenerlo negli spazi di un programma come il nostro. Così com’era difficile mantenere le sue risposte nel recinto logico imposto dalla domanda: la sua capacità di divagare era pari alla sua generosità. Si cominciava magari dalla violenza urbana e si finiva per parlare di Altiero Spinelli passando per le politiche di genere ma senza dimenticare i temi dei diritti civili e del pacifismo. Provare a contenerlo era un’impresa ai limiti del disperato, come provare a mettere le briglie a un cavallo delle praterie.
Il fatto è che Giacinto Pannella, detto Marco, non conosceva mezzi termini. Ed era veramente così come appariva. Se ne accorsero anche gli autori di un programma di scherzi televisivi che una volta lo fecero salire in un taxi a Roma, condotto da un finto tassista che riempiva di contumelie e commenti razzisti qualunque straniero incrociasse lungo il cammino. La reazione di Pannella fu incontenibile: dopo aver protestato vibratamente, con il suo vocione incontenibile, impose al finto tassista di fermarsi e scese dall’auto promettendo denuncie.
Conquistava perché era vero, autentico. Conosco Marco Pannella e mi piace, disse di lui Jean Paul Sartre. Caro Pannella – gli scrisse una volta Pasolini – continua ad essere te stesso, imperterrito, ostinato, eternamente contrario. Una vita passata dall’altra parte, con uno sguardo obliquo sul mondo. Aprì le porte a Enzo Tortora, offrendogli la tessera del partito radicale, scendendo al suo fianco nella battaglia per una giustizia giusta, quando tutti gliele avevano chiuse in faccia.
La convinzione che nelle battaglie di libertà contassero le idee più che le persone gli fece prendere qualche decisione discutibile, come l’ingresso di Ilona Staller e di Toni Negri in Parlamento. Ma lui nelle polemiche ci nuotava come un pesce nell’acqua. Al punto di farsi arrestare mentre fumava uno spinello, una provocazione nell’ambito della campagna a favore della liberalizzazione del fumo della cannabis.
Ottantasei anni spesi senza risparmiarsi nelle battaglie politiche e civili, il primo a utilizzare il suo corpo come simulacro, facendone uno strumento di consenso, mortificandolo con scioperi della fame e della sete che lo hanno portato spesso a un passo dal non ritorno.
Dopo il funerale laico, svoltosi nella “sua” piazza Navona, la salma di Marco Pannella ha poi raggiunto la natia Teramo dove è stata sepolta.
Marco Pannella era ateo ma aveva una sua indiscussa spiritualità e una sconfinata fede nel genere umano. Il mistero della vita è così insondabile che non sta certo a noi stabilire dove si trovi adesso. Ma se c’è un altrove in cui si trova, sono certo che in questo momento starà già prendendo sotto braccio qualcuno e lo starà convincendo a metter su un movimento di opinione.