Non era nata attrice, Anna Magnani. Avevo solo deciso di diventarlo nella culla, “tra una lacrima di troppo e una carezza di meno”. Il mito, gli amori e la carriera dell’indimenticabile ‘Nannarella’.
Gli artisti sono ambasciatori più potenti dei veri diplomatici perché continuano a lavorare anche dopo la morte. Li guardi, li ascolti e vedi un popolo: storia, gloria, miseria. In una foto di Anna Magnani scattata nel 1950 al Circeo da Herbert List – il fotografo tedesco sedotto dall’Italia del neorealismo – c’è tutto questo e anche di più. Il Paese del dopoguerra in un primo piano languido e potente: il mento appoggiato sulla mano, i capelli corvini che nessuna messa in piega sarebbe riuscita a domare, la bocca carnosa e volitiva, lo sguardo perso chissà dove, le sopracciglia marcate. E le occhiaie – non sarebbe la Magnani senza occhiaie – a causa di “una lacrima di troppo e una carezza in meno”, come diceva lei stessa, raccontando la sua infanzia difficile. E lacrime e carezze hanno scandito la sua esistenza tempestosa, sempre sopra le righe, con la grande Magnani in conflitto perenne con la piccola Anna. La bambina nata senza amore, da madre nubile, troppo giovane e troppo bella per curarsi di lei. Ferita indelebile che spingerà Anna a compensare quell’affetto negato con gli applausi. Più che una vocazione, un risarcimento. Più che spavalderia, fragilità. Non una lupa, ma una gattina randagia in cerca di una cuccia calda. La vogliamo ricordare su queste pagine non solo attraverso un’asettica biografia, un elenco di date, di successi, di premi e di incontri con i grandi personaggi del cinema e della cultura, ma anche attraverso un “empatico sentire”, con ciò che questa straordinaria donna ci ha trasmesso attraverso il suo unico modo di fare cinema, attraverso il suo unico modo di essere.
L’infanzia e il primo approccio con la recitazione
Anna fu una donna dalla vita complicata, nata a Roma nel 1908 da padre ignoto, che cercherà di trovare inutilmente una volta cresciuta. Dopo la sua nascita la madre l’affidò alle cure della nonna che la crebbe come una figlia. Successivamente cercò di recuperare il “contatto” con la madre andando sino ad Alessandria D’Egitto (da qui l’equivoco sul luogo della sua nascita), dove la madre si era trasferita quando Anna era ancora piccolissima per seguire quello che poi sarebbe diventato suo marito. Ma ogni tentativo di avvicinamento risultò vano; la madre era troppo presa dalla sua nuova famiglia per accorgersi dell’immenso bisogno d’affetto di Anna. Tornata a Roma decise di frequentare la scuola di recitazione Eleonora Duse presso l’accademia di Santa Cecilia con Silvio D’Amico che dirà di lei “Ieri è venuta una ragazzina, piccola, mora, con gli occhi espressivi. Non recita, vive le parti che le vengono affidate: è già un’attrice”. Con Dario Niccodemi fece la prima esperienza di “Teatro di Prosa” che la portò sui palcoscenici di tutta Italia. Poco dopo la sua partenza per la tournèe teatrale venne a mancare la nonna. Fu una perdita terribile che la rese ancora più forte e determinata ad affrontare una vita che tanti affetti le aveva già negato.
L’approdo al cinema e l’incontro con i più grandi registi del tempo
Dopo la prima esperienza teatrale approdò al cinema dei così detti “telefoni bianchi” definito in tal modo perché l’idea del lusso e dello sfarzo erano espressi da immancabili telefoni bianchi posti in interni fintamente sfarzosi, abitati da nobildonne e commendatori galanti. Già in queste piccole parti si intravedeva la grande attrice che abbiamo ammirato nei film del dopoguerra italiano. Ma fu nel teatro che poté esprimersi al meglio, recitando non solo in parti drammatiche ma molto spesso in parti comiche e melodrammatiche. Nel 1935 sposò Goffredo Alessandrini, un regista teatrale con il quale visse una storia d’amore molto tormentata fatta di scenate di gelosia continue da parte di Anna e che culminò con la loro “separazione”. Spiegò così il suo rapporto con Alessandrini e con gli uomini che aveva incontrato “Il fatto è che le donne come me si attaccano soltanto agli uomini con una personalità superiore alla loro: e io non ho mai trovato un uomo con una personalità capace di minimizzare la mia”.Negli anni della seconda guerra mondiale ci fu l’incontro con Totò con il quale fece “Teatro di Rivista”, girando per quattro anni nei teatri di tutta Italia. Sempre di questi anni è uno degli incontri più importanti della sua vita, quello con Massimo Serato dal quale ebbe un figlio, Luca.
L’incontro con Rossellini
La carriera cinematografica, intanto, le regalò una notevole occasione che le venne offerta da quello che sarebbe stato uno dei grandi amori della sua vita, Roberto Rossellini con una parte importantissima per Anna e per tutto il cinema Italiano. L’occasione si chiamava “Roma, città aperta”: Anna fu immensa nell’interpretare la figura di una donna del popolo, di una vita normale di sopravvivenza nella guerra, capace di un atto eroico finale. “Roma, città aperta” fu anche il film simbolo del Neorealismo italiano. L’unione artistica e sentimentale con Rossellini durò sino al ’48 e si interruppe con l’arrivo in Italia di Ingrid Bergman della quale Rossellini si innamorò. Per Anna di nuovo delusione e sconforto per una storia d’amore finita male; si dice anche che accettò di girare “Vulcano” solo come risposta polemica a Rossellini che stava girando in quello stesso periodo con la Bergman “Stromboli”. Oltre a Rossellini, i suoi rapporti con i grandi registi italiani, furono sempre di natura burrascosa. Litigò addirittura con Luchino Visconti, perché durante le riprese di “Bellissima” osò maltrattare un gattino che lei stava spulciando.
L’approdo ad Hollywood e l’Oscar
La consapevolezza delle proprie capacità la portò verso una nuova sfida: Hollywood. Le fu proposto un film scritto apposta per lei da Tennessee Williams “La rosa tatuata”; l’interpretazione in questo film le valse l’Oscar, prima attrice italiana a conquistare l’ambita statuetta. Successivamente ci fu un altro importante incontro professionale, quello con Pier Paolo Pasolini che la volle ad ogni costo per interpretare una prostituta che per amore del figlio cerca di redimersi in “Mamma Roma”. Pasolini riuscì a valorizzarla ancora di più e lei rese questo ruolo memorabile, mostrando ancora una volta quanto il modello femminile italiano dovesse identificarsi nell’intenso sguardo di questa grandissima attrice e al suo modo di rappresentare le drammatiche realtà della vita.
La sua ultima battuta per Federico Fellini
L’ultima sua apparizione sul grande schermo fu nel ’72 nel film di Federico Fellini “Roma”. Il 26 settembre del 1973 lo sguardo intenso della grande ‘Nannarella’ si spese in una clinica romana, l’attrice era circondata dall’affetto del figlio Luca e dell’amico Roberto Rossellini che rimase al suo capezzale sino alla fine e che volle le sue spoglie al Verano nella tomba di famiglia. La malattia la divorò senza tuttavia spezzarla: «Ho lottato, ho urlato alla vita, oggi posso sorridere alla morte». Fu circondata sino alla fine dall’affetto dell’Italia intera, innamorata di questa donna con la quale tutti avevano riso, pianto, della quale conoscevano le fragilità che lei non aveva mai avuto, neppur per un secondo, paura di mostrare.
Maria Rita Cappucci