Un tour de force per Mostre ed Eventi
Se potessi seguire la mia natura, volerei alla Royal Accademy di Londra per vedere una mostra di pittura che ha come tema i “Fiori”, la mia passione. E non solo la mia. Per Claude Monet erano una vera e propria meravigliosa ossessione, tanto da convincerlo a dire: «E’ forse a causa dei fiori che sono diventato un pittore».
Le sue “Ninfee” sono una ieratica immersione nella spiritualità della Natura e delle sue mille possibili trasformazioni da cogliere dipingendo dal vero, en plein air per catturare ogni sensazione coloristica, ogni emozione, ogni atmosfera, come piaceva agli Impressionisti. Un afflato esistenziale di rara bellezza e di profonda armonia.
Ma forse è meglio rimanere con i piedi per terra e tornare al nostro ‘Bel Paese‘ che, mai come in questo periodo, trasuda cultura. Da nord a sud è tutto un fiorire di Mostre. A cominciare dal Mudec di Milano con la Mostra “Gauguin, racconti dal Paradiso” con 700 opere per la maggior parte provenienti da Copenhagen. La Natura trionfa ancora, ma non più nella sua eterea evanescenza, come in Monet, bensì “incastonata in varie campiture di colore puro”. Il blu intenso accanto ai rossi e ai viola per creare figure apparentemente immobili nella loro solennità, quasi divinazioni esotiche in sospensione meditativa. Tra i suoi capolavori la bellissima “Ragazza con fiore” del 1891, dipinta a Tahiti, che nella sua magica modernità di intensa suggestione, ricorda le Madonne di Raffaello, le stampe giapponesi e i pittori Fiamminghi. Proseguendo nel nostro excursus, in una difficile gincana con esclusioni dolorose ma necessarie per esiguità di spazio editoriale, ci fermiamo a Padova dove a Palazzo Zabarella si celebra l’Artista più amato tra i pittori italiani dell’800: Giovanni Fattori, il Maestro, caposcuola dei Macchiaioli, che immortala le battaglie del Risorgimento in modo che trapeli l’eroico furore patriottico di un ideale che non può morire, ma soprattutto l’assurdità della guerra e di tanta sofferenza. Lacrime di sangue che sgorgano dal suo cuore per quel “patire assieme” in un infinito amore per “gli infelici, i bambini, i poveri, gli animali”. Un verismo verghiano ammantato di malinconica rassegnazione sprofondato nello spazio sconfinato di una natura sempre più misteriosa.
Dulcis in fundo, tanto per chiudere in bellezza, non possiamo non passare da Udine dove, a Villa Manin di Passariano fino al 3 aprile, 250 dipinti rievocano l’avventura creativa di Joan Mirò, il pittore catalano che meglio di chiunque altro ha saputo sconfiggere e superare gli incubi della guerra e della grande depressione con humour, e candore disarmante. Rinchiuso nella sua “prigione dorata” a Palma de Maiorca, Mirò si lascia alle spalle gli orrori del conflitto mondiale e si immerge in un oceano fatato, un cosmo immaginifico dove tessere le sue mille “costellazioni oniriche”.