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Intervista all’attrice Alice Torriani

L’attrice Alice Torriani reduce dal successo del “Paradiso delle signore”
ci racconta la sua passione per la recitazione e per la scrittura

Andreina, così come Rachele, sono molto diverse da me
ma la bellezza dell’essere attore sta nella possibilità di poter vivere più personaggi nello stesso tempo

 

Simpatica e con la battuta pronta. Così si presenta l’attrice Alice Torriani, una delle protagoniste della fiction “Il Paradiso Delle Signore” nel ruolo di Andreina e nei panni di Rachele in “Tutto Può Succedere”. Due personaggi diversi tra loro, ma entrambi dalla forte personalità. La bellezza dell’essere attore sta nella possibilità di poter vivere più personaggi nello stesso tempo. Proprio questo ha “stuzzicato” il nostro interesse nei confronti di Alice. Abbiamo scoperto una donna piena di passioni, come quella per la scrittura, dalla quale è nato il suo primo romanzo (L’altra sete). Auguriamo ad Alice una carriera ricca di successi e di realizzare i suoi “sogni nel cassetto”, che sono tanti (qualcuno ce lo ha anche raccontato).

Nel “Paradiso delle Signore” interpreti il personaggio di Andreina, quanto ti somiglia come tipo di donna?
In realtà è l’opposto di me. Forse c’è una sola cosa che ci accomuna: l’istintività. Per quanto sia cresciuta con delle regole ben precise, dettate dalla ricca famiglia a cui appartiene Andreina, ad un certo punto decide di venire meno a tutte queste imposizioni per amore, in nome di un sentimento che fondamentalmente viene dall’istinto, dalla parte meno controllata di lei. Proprio in questo mi sento vicina ad Andreina, come donna. Per il resto siamo molto diverse ma è proprio questo l’aspetto più bello del mestiere dell’attore: interpretare personaggi differenti e vivere, seppur nella finzione, tante vite, una diversa dall’altra.

Sempre su Rai Uno ti vediamo in un’altra fiction “Tutto può succedere”, dove interpreti Rachele, una donna che crea un po’ di scompiglio. Tu così bella e di talento, hai mai creato confusione in amore?
Si, mi è capitato, ma non per mia volontà, a differenza di Rachele. Devo dire però che a volte può essere molto divertente causare il “casino” volontariamente, almeno nella finzione. Spesso sullo schermo ti puoi permettere di fare delle cose che nella vita non faresti mai. Questo è uno degli aspetti più liberatori del mio mestiere.

Al di là delle differenze, questi due personaggi, Rachele e Andreina, sono molto istintivi, cosa c’è di loro in Alice Torriani?
Rachele e Andreina sentono come una forza incontrollabile, che poi devono trovare il modo di domare, o comunque di far vivere in sintonia con le regole stabilite dalla società. Questo è un tratto che mi accomuna ai due personaggi. Quella forza che cercano di reprimere è al contempo la loro linfa vitale, quello slancio che non bisogna mai perdere, da utilizzare nel modo più consapevole possibile, anche se non è sempre facile riuscirci.

C’è un regista in particolare con cui vorresti lavorare?
È difficile sceglierne uno in particolare. Ce ne sono moltissimi con cui vorrei lavorare. Tra i nomi che sicuramente metto ai primi posti ci sono Paolo Sorrentino, John Cassavetes, che purtroppo non è più in vita ed è stato il fondatore del cinema indipendente. Per concludere mi piacerebbe essere diretta da Matteo Garrone. Oltre a quelli più famosi, adoro lavorare con giovani registi che stanno affrontando le loro opere prime. Lo faccio perché la cosa mi stimola molto e soprattutto perché mi metto nei loro panni e so quanto è difficile farsi conoscere e apprezzare nel mondo del cinema e del teatro. Quello dell’attore è un lavoro stupendo, che può darti tante soddisfazioni ma a volte può riservarti anche spiacevoli sorprese.

Oltre ad essere attrice sei anche una scrittrice, è uscito a gennaio 2015 il tuo romanzo “L’altra sete”. Che tipo di emozioni ti dà la scrittura rispetto alla recitazione?
La scrittura è lo strumento che mi permette di fare ciò che voglio, perché non c’è nessuno che mi mette dei paletti, dicendomi cosa posso e non posso dire. Scrivere significa esprimermi in libertà, senza filtri, è come essere regista di me stessa. Riguardo alle emozioni che mi riserva la scrittura, sono molte e contrastate. Se da una parte è elettrizzante sapere che le persone leggeranno la tua storia, dall’altra c’è il timore di esporsi. La sera prima che uscisse il mio libro ero talmente agitata che volevo andare in libreria e acquistare tutte le copie. Mi sono fatta prendere dal panico quando ho realizzato che “pezzi di me” erano in giro, senza possibilità di controllo. Mentre a teatro ti puoi correggere sul momento, quello che è scritto resta li, al di là di come poi la tua vita si evolverà. Al contempo, l’opportunità di poter lasciare un’impronta, qualcosa che parlasse di me, mi ha molto affascinato.

Nel romanzo la protagonista scopre giovanissima, proprio come è stato per te, di avere il diabete. Come hai affrontato questa patologia?
Riguardo questa domanda mi trovi un po’ perplessa. Da quando è uscito il libro, questa malattia, che per me non è stata mai un problema insormontabile, è diventata il fatto principale. Il romanzo che ho scritto non è un’ autobiografia. Quello che ho raccontato non è la mia storia, piuttosto, è un romanzo sul “punto zero”, quel momento della vita di ognuno in cui si deve resettare e ripartire. Sfortunatamente, invece che su questo, l’attenzione si è concentrata troppo sulla malattia facendo tralasciare cose più importanti. In verità credo che tutti noi siamo pieni di “malattie” reali o immaginarie, per cui non mi piace soffermarmi troppo a parlare di questo. Vorrei che il mio romanzo fosse letto e apprezzato per altro.

Le donne sono state ancora protagoniste dei brutali fatti di cronaca accaduti a Colonia. Qual è il tuo augurio alle donne per questo nuovo anno?
Il mio augurio riguarda i desideri. Le donne sono da sempre costrette per natura a fare i conti con molte responsabilità, ma anche con numerosi istinti e desideri contrastanti che spesso prendono forme diverse che non ci aspettavamo. Il mio augurio è quello di aprire almeno tre cassetti dove sono riposti i desideri più importanti e cercare di realizzarli con molta pazienza, costanza e perché no, anche con un pizzico di follia che non guasta mai.

Maria Rita Cappucci

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