In occasione della spettacolo “Mi Amavi Ancora…” nello storico Teatro Artemisio “Gian Maria Volonté”, abbiamo intervistato
per voi la protagonista, Simona Cavallari. Simona ci ha accolti nel suo camerino mentre si truccava, calorosamente
nonostante i tempi stretti, e ha risposto alle nostre domande con disponibilità e gentilezza. Davvero gradevole come
incontro, poco formale, il che dimostra la semplicità dell’artista nel non voler solo apparire, ma anche raccontarsi.
Lo spettacolo che di lì a poco avrebbe interpretato magistralmente è scritto da Floria Zeller. “Mi Amavi Ancora…” è
un dramma che parla di amore. Racconta di come Anne, vedova di uno sceneggiatore, reagisca al dubbio di essere stata
tradita quando il marito era ancora in vita. Poiché morto in un incidente d’auto, alla protagonista non rimane nient’altro che
la memoria del defunto e una sceneggiatura da lui scritta narrante una storia d’amore troppo dettagliata per essere frutto
di fantasia. Inizia così un dramma incentrato sulla fiducia all’interno di un matrimonio e la paura che si vela nel singolo.
In passato, nel 2012, hai affermato di non volere più
vivere all’ombra del personaggio di Claudia Mares. Cosa
si prova ad essere stigmatizzata come attrice, sei riuscita
a crearti una nuova immagine?
Beh, nonostante abbia fermato per un po’ di anni la mia
carriera da attrice, per la strada le persone ancora continuano
a chiamarmi così. Claudia Mares è stato un personaggio che ha
regalato molto alle persone, lo riconosco.
Infatti alla fine ho imparato ad apprezzarlo nella sua interezza:
ha significato molto per me visto anche il periodo che
stavo affrontando (la separazione). Ho messo in quel personaggio
un mare di emozioni, al di là della recitazione, tutta la
rabbia e il dolore che quella situazione mi provocava. Inoltre,
ho imparato ad ammirare le conseguenze di quello stile recitativo
così potente da influenzare le scelte dei mie fan, alle
persone è arrivato qualcosa.
Quindi direi che ora posso guardare a questa “stigmatizzazione”
da due punti di vista, magari sì, avrò avuto difficoltà
a scrollarmi di dosso la Mares dalla vera Simona, ma alla fine
riconosco che lo scopo della recitazione è donare allo spettatore
il realismo dell’emozione (perfino nella finzione del cinema).
Tanti studenti mi hanno scritto di voler intraprendere il
cammino in Polizia, o in Magistratura per difendere i valori
di Pace e Giustizia. Questo credo sia un aspetto davvero bello
del mio lavoro.
Grazie a Massimo Recalcati e al suo programma
divulgativo, sappiamo che a volte “amare significa
voler possedere la libertà dell’altro”. Pensi che
quest’affermazione rispecchi lo spettacolo, oppure Floria
Zeller va più in profondità?
In parte Zeller va molto in profondità per quanto riguarda
l’aspetto della mancanza e dell’amore visto come totalità e interezza.
Addirittura, in una battuta dello spettacolo mi viene
posta una domanda che fa capire quanto sia potente la mancanza
di un amore, tale da incominciare ad odiarlo e a volersi
separare dal dolore del vuoto.
La protagonista, quindi, non accetta il lutto del marito e
sceglie di distruggere la sua immagine, il suo ricordo. C’è un
profondo studio psicologico in questo spettacolo, perché alla
fine l’interrogativo principale è se ciò che è accaduto sia vero
o semplicemente frutto della sua immaginazione oramai esasperata.
Oggi, con i social media e la facilità con cui si conoscono
le persone, è difficile fidarsi di chi si ama?
Io penso che la fiducia vada oltre i social media, se una persona
è propensa al tradimento lo è anche senza i social, solo
che i social aumentano le probabilità.
Con i social il tradimento diventa più fruibile, e con questa
parola intendo appunto che gli escamotage per trovarsi un
“amore alternativo” diventano molto più frequenti. Se si vuole
tradire lo si fa comunque, con o senza i social. La fiducia credo
si basi su qualcosa di molto più profondo che la tentazione di
tradire, e se ad un certo punto i dubbi cominciano a prendere il
sopravvento, allora credo proprio che la risposta la si conosca
già, e lo dico per mia esperienza.
Oggi è difficile lavorare conciliando la passione, il denaro
e la cultura. A cosa dai più importanza?
Mi sono fermata volontariamente per tre anni. Volevo ricominciare
a conoscermi meglio, a rivedere le mie priorità.
Sicuramente il denaro non lo demonizzo, riconosco che faccia
vivere meglio, però non è mai stata la cosa principale per me.
Tante cose per cui mi andava di impegnarmi lavorativamente
le ho fatte gratuitamente, poi però quando lavori con le produzioni
è giusto che tu venga pagato per quello che vali, o addirittura,
per il tempo che ti rapiscono.
Quando interpretavo Claudia Mares stavo fuori tutto il
giorno e difficilmente avevo tempo per i miei bambini. Le persone
pensano che gli attori facciano una vita fantastica, mentre
in realtà è una maratona contro il tempo. Ogni giorno in
un posto diverso, sempre di corsa, ieri che ho dormito nel mio
letto non mi è sembrato vero – sorride con soddisfazione invidiabile
–.
Quali sono secondo te le caratteristiche che un bravo
attore deve possedere?
Innanzitutto il cuore. Recitare significa trasmettere emozioni
nella finzione. Ci sono attori infatti che non mi hanno
mai emozionato, le battute bene o male le possono dire tutti,
ma la passione e il talento non si comprano, si possono solo accrescere e esercitare con tanto studio. Mettersi in gioco sempre,
queste le parole d’ordine. Io ho studiato come attrice, ho
frequentato molto l’Actor Studio (corsi di alto livello basato
sul metodo Stanislavskij) e comprendo che per fare l’attore si
debba avere tecnica e passione, esattamente come un cantante
che allena la voce, o uno sportivo i muscoli, un attore deve
studiare ed esercitarsi. In Italia si studia molto poco per fare
l’attore, ma fortunatamente io sono riuscita a studiare sempre
in maniera costante.
I tuoi progetti futuri?
Prima di tutto ci sarà la ripresa di questo spettacolo che
ha avuto molto successo e sicuramente verrà ripreso in una
tournée molto più lunga di questa. Inoltre, c’è un film, un’opera
prima, riguarda una ragazza calabrese uccisa. Io dovrei
interpretare la madre, che a causa del dolore per la perdita e
la rabbia per vedere il caso ancora irrisolto, fonda un’associazione
per aiutare altre donne vittime di violenza. Incrociamo
le dita, perché essendo un’opera prima tende ad essere sempre
un’incognita nella realizzazione.
Amiamo concludere le nostre interviste con un vizio, una
virtù e un desiderio.
Vizio, il fumo, sempre presente – ride-. mentre credo che
una virtù che mi rappresenti sia l’onestà. Mio padre mi ha
sempre detto che la trasparenza e la sincerità fossero un punto
cardine della vita. Un mio desiderio, invece, riguarda i miei
figli.
Spero che trovino la giusta strada e che si facciano coraggio
in un momento di difficoltà come oggi. Un mio grande desiderio
è un rifiorire di sogni per gli adolescenti.
Biografia Simona Cavallari
Esordisce nel film tv “Colomba” (1982) di Giacomo
Battiato da giovanissima, nel 1985 debutta nel cinema
con il film “Pizza Connection” di Damiano Damiani
e ha il suo primo ruolo da protagonista. Dopo
alcuni anni, interpreterà Ester Rasi nella famosissima
serie “La Piovra 4” (1989). Nel 1994 partecipa al
Festival di Cannes con il film Il sogno della farfalla,
regia di Marco Bellocchio. Nel 1997 è la fidanzata
di Gabriel Garko in Angelo nero e l’anno seguente
1998 recita in teatro con gli spettacoli: Domani
notte a mezzanotte qui, Perpetua Song e Nella città
l’inferno.
Nel 2000 l’incontro con Daniele Silvestri, da cui ha
avuto due figli (Pablo Alberto nel 2002 e Santiago
Ramon nel 2003). Nell 2011, una volta separatasi da
Silvestri nel 2009 e messasi con Roberto Libertini,
ha avuto il suo terzo figlio: Levon Axel; ma nel 2013
la coppia si è separata. In questo periodo travagliato
ha avuto innumerevoli ruoli in famose Fiction
come “La caccia” e “I figli strappati” nel (2005) di
Massimo Spano.
Nel 2007 ritorna con “Il capo dei capi”, e dal 2009
al 2012 è protagonista della serie TV “Squadra antimafia
– Palermo oggi” dove interpreta il rinomato
vicequestore Claudia Mares.
Ascenzio Maria La Rocca