Quando la fertilità non è responsabilità ma necessità.
Le polemiche alla giornata nazionale della fertilità
La giornata del 22 settembre è stata dedicata in tutta Italia al primo “Fertility day”. Istituita con direttiva del Presidente dei Ministri il 28 luglio, la giornata nazionale dedicata all’informazione e formazione sulla fertilità umana è stata promossa dal Ministero della Salute. Nel corso della giornata sono state molteplici le iniziative promosse a livello nazionale con l’obiettivo di rendere consapevoli, soprattutto i giovani, della propria salute e fertilità, da tutelare attraverso la prevenzione, unica arma contro la cura delle malattie che possono compromettere la riproduzione. Nelle città italiane di Roma, Bologna, Padova, Catania, sono state organizzate, da parte del Ministero della Salute, le Tavole rotonde, occasioni per approfondire il tema della fertilità attraverso la partecipazione di esperti, operatori sanitari, associazioni, giornalisti e famiglie. Alla Tavola rotonda di Roma si è discusso di prevenzione sanitaria, finalizzata alla riduzione dei fattori di rischio per la salute riproduttiva; a Bologna è stato approfondito il tema delle tecniche di Procreazione medicalmente assistita; a Padova si è affrontato il tema delle terapie mediche e chirurgiche nella cura delle patologie che possono compromettere la fertilità, ed infine, la Tavola rotonda di Catania, si è occupata dell’età fertile dell’uomo e della donna. Nonostante questo biglietto da visita, fin dalla sua proclamazione, il tema della giornata ha generato molte polemiche e discussioni, tanto da costringere la ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, ad intervenire nel giustificare che lo scopo della giornata non era e non sarebbe stato un invito alla gravidanza, bensì un invito a riflettere, ad essere consapevoli della propria fertilità. La giornata del “Fertility day” ha ottenuto immediatamente una grande risonanza mediatica e non sono di certo mancate le polemiche. Sarà stata colpa delle immagini diffuse per la promozione della giornata della fertilità, e che non hanno superato il giudizio del web? È difficile credere che una foto con ritratta una ragazza con in mano una clessidra e la scritta: “La bellezza non ha età. La fertilità sì”, sia solo un messaggio di sensibilizzazione, ma sembra eccedere in un’esortazione affinché le donne facciano i figli, procreino, si riproducano. La stessa Ministra non è stata molto chiara a riguardo, tanto che in occasione di un’intervista ha dichiarato: “«Tra l’altro puoi fare gli asili, ma se poi si è sterili e non si riesce ad avere figli, non abbiamo i bambini da metterci dentro». Quella che doveva essere una giornata dedicata alla sensibilizzazione sul tema della fertilità e sul rischio della diminuzione delle nascite, si è trasformata in una grande polemica, complice il fatto che in Italia è la prima volta che un’iniziativa del genere viene promossa, e che, in Paesi come Irlanda o Nuova Zelanda, iniziative dedicate alla “fertilità” sono rivolte a coloro che soffrono di infertilità e non diventano strumento di pressione alla procreazione. Cito, tra i molti, le parole del giornalista Roberto Saviano, che su Facebook a proposito della giornata del 22 settembre, ha scritto: “La fertilità è una caratteristica fisica individuale. Il Ministero della Salute dovrebbe fare ricerca e rendere accessibile la procreazione per quelle coppie affette da sterilità e non invitare genericamente a fare figli”. Di certo in Italia, dati alla mano, il tasso di fecondità, cioè il numero medio di figli che una ogni donna partorisce, è abbastanza basso: secondo l’ISTAT nel 2014 il valore del tasso è stato di 1.37, identico a quello registrato dieci anni fa. È bene notare comunque che il caso italiano non rappresenta un’eccezione, ma è comparabile con il tasso di fecondità registrato in altri paesi occidentali, come Spagna e Germania. Viene da chiedersi quale ingranaggio che doveva far funzionare la giornata del 22 settembre non abbia funzionato. Sarà stato forse il tema affrontato superficialmente, oppure la pubblicità diffusa che invece di sensibilizzare i cittadini sembra aver descritto la maternità più come un dovere che come una scelta consapevole. Un esempio invece di come una pubblicità ben fatta possa essere veicolo di riflessione e di diffusione di valori, arriva dallo spot realizzato da Checco Zalone per la raccolta fondi destinati alla ricerca sull’atrofia muscolare. Zalone ha messo a disposizione gratuitamente il proprio talento nella realizzazione dello spot pubblicitario, che tratta la disabilità non con pietismo e sentimentalismo, ma con irriverenza e umorismo: insomma alla maniera del comico pugliese. Il messaggio che Zalone vuole diffondere è quello di combattere l’indifferenza che gli essere umani provano verso i loro simili con una formula così semplice e diretta da spiazzare: “se un disabile da gestire nel nostro spazio vitale è faticoso, tu mettici ironia e aiutalo a stare meglio, starai meglio pure tu”.Protagonista dello spot, insieme a Checco, è stato Mirco, un ragazzo affetto da atrofia muscolare spinale, che reclama con determinazione e talvolta con una comica arroganza i propri diritti. Messi all’angolo i sentimenti, la commozione, la pietà, Zalone è consapevole che l’unica soluzione per combattere la malattia è sostenere la ricerca scientifica, che potrà garantire a Mirco, e a tutti coloro che sono affetti da questa malattia, un futuro di speranze e di cure.
Giulia Lenci