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Malvasia

DanieleEntrando nella storia di questo vitigno possiamo dire che del nome Malvasia non vi è traccia in documenti antecedenti il 1200. Solo dopo questa data sono numerose le citazioni , sia in opere letterarie toscane che in documenti d’archivio della Repubblica di Venezia. Forse il nome deriva da quello di una città greca nel Peloponneso, chiamata appunto Monembasia (porto con una sola entrata) caratterizzata da una formidabile fortezza, in una posizione strategica a picco sul mare e dotata di un porto naturale con una sola stretta entrata.
Il nome originario degenerò in Malfasia e successivamente italianizzato in Malvasia. Nelle isole Lipari invece circola un’antica leggenda cristiana, ambientata all’epoca della dominazione musulmana, che racconta di un povero contadino del posto intento a portare un’anfora di vino moscato per il padre ed il prete. Incontrato lungo la strada il tirannico governatore arabo dell’isola, che pretendeva di vedere cosa avesse sotto il mantello, il contadino rispose che portava solo succo di malva e, pregando il Signore affinchè trasformasse il vino in malva, lo invocò così : “malva sia!” Ed il vino si trasformò in malva provocando il disgusto del governatore nell’assaggiare il contenuto dell’anfora dopo averla strappata con forza al contadino.
Tornando ai legami con la cittadina greca che ci sembrano più probabili per spiegare l’origine del nostro vino, ricordiamo che intorno al 1250 i Veneziani avevano conquistato la città e se ne erano impadroniti, successivamente occuparono l’entroterra, prelevarono i vitigni che trapiantarono nell’isola di Creta , chiamata allora Candia, che gli stessi veneziani occupavano già da cinquanta anni. Creta rimase nelle mani dei veneziani fino alla metà del XVII secolo. In questi quattrocento anni la produzione e il commercio del vino divennero attivissimi, e la Malvasia, che veniva distinta in dolce , tonda e “garba” secca , era usata come vino da Messa ,costituiva, durante il conclave per l’elezione del Doge, insieme ai biscottini, la colazione dei patrizi, e in una ”carta dei vini” del 500, era indicata tra i vini che una corte rinascimentale doveva servire agli ospiti.
A Venezia chiamarono Malvasie i locali destinati alla vendita esclusiva dei vini provenienti dall’Oriente, inizialmente per asporto poi anche per mescita. Ancora oggi a Venezia ci sono due calli denominate “Malvasia”, sia nel centro nei pressi di Rialto, dove c’era un locale frequentato da “signori”, sia in una zona più popolare dove il locale aveva sicuramente un altro tipo di avventori. Con i vini di Monembasia e dell’antica Candia, vennero esportati anche i rispettivi vitigni, sicuramente per soddisfare le crescenti richieste del mercato, nelle zone più vocate alla viticultura di quasi tutte le regioni italiane. Proprio in questo periodo fu introdotta una precisa denominazione composta dal nome del vitigno associato al nome del luogo di produzione o di stoccaggio per giustificare la differenza di prezzo.
Il nome Malvasia designa oggi nel territorio italiano numerosi vitigni, sia a bacca bianca (Malvasia Istriana, del Chianti, del Lazio o Puntinata, di Candia, della Sardegna, di Lipari, di Candia aromatica) che a bacca nera (di Lecce, di Casorzo, di Brindisi), che producono vini per lo più tendenti all’aromatico, ricordano il moscato con sentori di muschio piccante e frutta calda come l’albicocca, hanno un importante residuo zuccherino, spesso alta gradazione alcolica e a seconda della vinificazione possono essere dolci o secchi.

Caro Daniele, quali sono i vini definiti aromatici?
I vini aromatici sono tutti quei vini che portono con se in maniera inequivocabile, i profumi ed i sapori dell’uva da cui derivano. Esempio inoppugnabile il moscato che ha proprio il sapore della stessa uva quando la mangiamo. I vini aromatici hanno anche la caratteristica di esprimere un ben delineato fondo amaro che, una volta, veniva attenuato vinificandoli esclusivamente dolci( ecco perché il famoso Moscato d’Asti è dolce). Oggi le moderne tecniche ci consentono di produrre vini secchi, con un piacevole finale amarognolo, anche da uve fortemente aromatiche.

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