Moda primavera/estate 2016
2 Marzo 2016
Monet, Gauguin, Fattori, Mirò
2 Marzo 2016

Oriana Fallaci

Un anno all’insegna delle figure femminili che hanno segnato la storia d’Italia. Dalla politica, alla cultura, dal mondo delle spettacolo alla carta stampata, dalla scienza all’insegnamento. A partire dal mese di febbraio, Nonsolorosa vi guiderà in un’affascinante viaggio alla scoperta di donne più o meno conosciute, che direttamente ed indirettamente hanno influito sull’evoluzione culturale, sociale, economica e politica del nostro Paese.

Oriana Fallaci: “Vi sono momenti, nella vita, in cui tacere diventa una colpa e parlare un obbligo. Un dovere civile, una sfida morale, al quale non ci si può sottrarre.”
Può essere considerata senza ombra di dubbio una delle giornaliste italiane più conosciute e apprezzate al mondo. Una donna autoritaria più con se stessa che con gli altri, dal temperamento forte, sostenitrice delle sue idee, seppur estreme e talvolta scomode. Fino all’ultimo alito di vita, si è battuta per il diritto di cronaca, per dire ‘no’ alla guerra e ad ogni tipo di fondamentalismo. Per lei tacere era fuori discussione. Alla parola, soprattutto a quella scritta, ha dedicato tutta se stessa. Le sue dichiarazioni sono tutt’ora attuali e ricche di spunti di riflessione. Nel suo libro “Oriana Fallaci intervista a sé stessa. L’apocalisse” si scaglia senza mezzi termini contro l’opportunità per le coppie omosessuali di adottare bambini. “La verità è che le leggi dello Stato non possono ignorare le leggi della Natura. Non possono falsare con l’ambiguità delle parole «genitori» e «coniugi» le Leggi della Vita. Lo Stato non può consegnare un bambino, cioè una creatura indifesa e ignara, a genitori coi quali egli vivrà credendo che si nasce da due babbi o due mamme non da un babbo e una mamma. Un bambino è un essere umano, un cittadino, con diritti inalienabili. E il primo di questi è sapere come funziona la Vita nella nostra specie”. Un’opinione questa che avrebbe generato senza dubbio forti dissapori, perché Oriana era fatta così, amava creare scompiglio. Grandi occhiali neri, caschetto liscio e la sigaretta accesa: è così che la ricordiamo, come colei che ha sfidato i limiti del suo stesso genere per affermare la sua opinione, ed è questo che l’ha resa ai nostri occhi e a quelli del mondo, una grande donna.
L’infanzia: la famiglia e la sua passione per i libri e la scrittura
“Sono nata a Firenze il 29/6/1929 da genitori fiorentini. Fiorentino parlo, fiorentino penso, fiorentino sento”. Così Oriana Fallaci racconta le sue origini ne “La vita di Oriana” narrata da Oriana stessa per i lettori dell’ “Europeo”. I genitori hanno un ruolo fondamentale nella formazione del suo carattere e nella sua crescita intellettuale. Le poche risorse economiche a loro disposizione sono investite soprattutto per acquistare libri, ed è proprio la loro cospicua presenza nelle mura domestiche che spinge Oriana, fin da bambina, ad approcciarsi, prima alla lettura e poi di conseguenza alla scrittura. “Quando avevo cinque – sei anni non concepivo nemmeno un mestiere che non fosse il mestiere di scrittore”. Oltre alla lettura, sarà la politica il suo grande amore. A soli 14 anni Oriana si trova già in prima linea nella Resistenza partigiana. Con un anno di anticipo si presenta all’esame di maturità; alla prova scritta di italiano consegna un tema fortemente polemico, “Il concetto di patria dalla Polis greca a oggi”. I professori si dividono, ma tra i conservatori che optano per l’insufficienza e i più illuminati che scorgono del genio in quello scritto, sono i secondi a spuntarla. Da quel momento la scrittura diventa la sua vita.
I primi passi verso il giornalismo
Seguendo le orme dello zio Bruno che dopo aver scritto per la “Nazione” e il “Corriere” dirige “Epoca”, Oriana si affaccia molto presto al mondo della carta stampata con “Il Mattino dell’Italia Centrale”, il quotidiano fiorentino che nel 1946 pubblica il suo primo articolo. Ha soltanto diciassette anni, e grazie a quella collaborazione e ai primi soldi guadagnati, può iscriversi alla facoltà di Medicina. Scrive principalmente articoli di cronaca nera, e questo la porta di giorno a girare in bicicletta tra commissariati e ospedali di Firenze, la sera, a vagabondare per la provincia alla ricerca di notizie ‘fresche’. Un lavoro del genere, le rende sempre più difficile frequentare i corsi universitari. Giunta ad un bivio, Oriana abbandona l’università: la decisione le costa non poco, ma la predisposizione naturale che sente verso la scrittura cancella ogni suo dubbio. Dopo la cronaca nera inizia ad occuparsi di casi giudiziari e di argomenti di costume. Nel 1951 un suo articolo viene pubblicato sul settimanale L’Europeo, uno dei più prestigiosi del tempo. Negli anni cinquanta lavora per “Epoca” e scrive per “L’Europeo” altri articoli trasferendosi a Roma, dove ha modo di incontrare ed intervistare i grandi nomi del cinema italiano. Dopo l’esperienza nella capitale, arriva il trasferimento a New York, nel 1963. È proprio da quel momento che nasce il suo grande attaccamento per gli Stati Uniti che lei ha sempre ammesso.
L’incontro con la guerra
Il 1967 e il 1968 sono gli anni più importanti per la carriera di Oriana Fallaci. Chiede e ottiene di essere inviata in Vietnam dove sarà l’unica giornalista italiana presente al fronte. Torna più volte fino alla fine del conflitto, nel 1975, raccontando la vita quotidiana a Saigon, i bombardamenti, gli interrogatori dei prigionieri, le rappresaglie e realizzando molte interviste esclusive e reportage comprati e tradotti da importanti giornali internazionali. Dalla guerra in Vietnam nasce il libro “Niente e così sia” (1969). Il successo del romanzo è clamoroso. Con questo libro la Fallaci, ha creato un nuovo modo di fare informazione: arricchendo la pura cronaca con le rivelazioni e gli stati d’animo di chi quella guerra la fa e la subisce.
Le interviste inarrivabili: l’incontro di Oriana con i grandi leader della terra
Tra gli anni sessanta e settanta Oriana Fallaci si afferma come grande giornalista politica realizzando molte interviste a personaggi che nessuno era mai riuscito ad avvicinare. La tecnica delle sue interviste riesce a incunearsi sempre più a fondo nei meccanismi dei giochi di potere. Quel potere che tanto affascina Oriana, e che tanto la ripugna. Capirne le trame più segrete è la sua più grande ambizione. Negli anni settanta Oriana pubblica altri due libri: “Lettera a un bambino mai nato” (1975), proprio mentre in Italia si discute di legge sull’aborto, e “Un uomo” (1979). Entrambi parlano di lei, dei suoi due aborti spontanei e del suo rapporto con Alexandros Panagulis, conosciuto come Alekos, uno dei leader della Resistenza greca che è stato per tre anni il suo compagno.
Gli ultimi anni, la malattia e l’11 settembre
Nel 1992 Oriana Fallaci scopre di avere il cancro e ne parla in un’intervista alla RAI: “Io non capisco questo pudore, questa avversione per la parola cancro. Bisogna dirla questa parola”. Il suo rapporto con la malattia è stato comunque piuttosto complicato soprattutto perché temeva le avrebbe impedito di finire il suo ultimo progetto editoriale: un grande romanzo storico che raccontasse la storia della sua famiglia dal settecento al novecento. La Fallaci ci lavora per più di quindici anni. Sfortunatamente non lo finisce e viene pubblicato postumo con il titolo “Un cappello pieno di ciliege” (2008). Il lavoro di scrittura del romanzo familiare viene interrotto nel 2001 in concomitanza con l’attentato alle Torri Gemelle di New York. Oriana Fallaci, profondamente scossa da questo avvenimento, scrive un lungo articolo pubblicato dal “Corriere della Sera” il 29 settembre, intitolato “La rabbia e l’orgoglio“, con cui accusa l’Occidente e l’Europa di non avere avuto abbastanza coraggio nei confronti dell’Islam. Conclusa questa fase, riprende la scrittura del romanzo familiare: ma solo per un anno. Nell’estate del 2006, gravemente malata, vuole tornare a Firenze dove muore il 15 settembre. Oriana Fallaci è sepolta nel cimitero degli Allori accanto ai suoi genitori; sulla sua lapide c’è scritto, per sua volontà: “Oriana Fallaci – Scrittore”. L’ultima intervista viene pubblicata sul New Yorker il 30 maggio del 2006 in un lungo articolo intitolato “The Agitator”: parla della sua vita, attacca di nuovo l’Islam, critica sia Berlusconi che Prodi e conclude con una conferma alla sua lunga carriera: “Apro la mia boccaccia. E dico quello che mi pare”.

Maria Rita Cappucci

Comments are closed.